Set 11

INGLORIOUS “Heroine”

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Line up: Nathan James – vocals, Danny De La Cruz – guitars, Dan Stevens – guitars, Vinnie Colla – bass, Phil Beaver – drums

Tracklist: Queen Of The Night (Whitney Houston cover), Barracuda (Heart cover), Midnight Sky (Miley Cyrus cover), Nutbush City Limits (Tina Turner cover), Bring Me To Life (Evanescence cover), Fighter (Christina Aguilera cover), I’m With You (Avril Lavigne cover), I Hate Myself For Loving You (Joan Jett cover), I Am The Fire (Halestorm cover), Time After Time (Cyndi Lauper cover), Uninvited (Alanis Morissette cover)


Ciao a tutti amici e amiche di Cathouse, come state?! Oggi voliamo in Inghilterra, precisamente a Londra con gli Inglorious. Sulla scia del successo del precedente album “We Will Ride” uscito a febbraio 2021 con la nuova formazione. Oggi, vi presento “Heroine” un tributo alle voci femminili che hanno influenzato la band sia musicalmente che vocalmente. Heroine, spazia dall’hard rock ai successi pop di Whitney Houston, Miley Cyrus, Avril Lavigne e Christina Aguilera. Passando poi per canzoni senza tempo di Tina Turner, Heart e la mia adorata Joan Jett, per finire al rock contemporaneo di artisti del calibro di Evanescence, Alanis Morissette e Halestorm. Inoltre, il ricavato sarà devoluto in beneficenza a Women’s Aid, associazione inglese contro gli abusi domestici su donne e bambini. “Heroine” è molto orecchiabile nonostante l’unica interpretazione che mi è piaciuta meno rispetto l’originale è stata “Fighter” di Christina Aguilera. Una ascoltata -fossi in voi- comunque gliela darei vista la giusta causa dell’album.

LaGlo

Set 07

 

 

 

 

Lineup: Yngwie Malmsteen - vocals, guitars, bass, all instruments

Tracklist: Wolves At The Door, Presto Vivace In C# Minor, Relentless Fury, (Si Vis Pacem) Parabellum, Eternal Bliss, Toccata, God Particle, Magic Bullet, (Fight) The Good Fight, Sea Of Tranquillity

Ed eccoci qua, dopo tantissimi anni a parlare puntualmente del lungocrinito eroe della sei corde svedese, al secolo Yngwie Malmsteen. Cosa dire ragazzi?... Lui senza dubbio è stato e lo è tuttora il re dei 'velocisti' della chitarra, il re della musica tecnicamente e magnificamente suonata con il giusto mix tra classica e heavy metal. I suoi esordi negli eighties sono autentici masterpiece, la Bibbia per ogni chitarrista che si rispetti e per chiunque voglia approcciarsi a questo fantastico strumento. Io ho sempre seguito le evoluzioni del guitar world; dai maestri blues e fusion degli anni 60-70 al fenomeno di massa capitanato da Mike Varney e l'ascesa dei virtuosi della chitarra in pieni anni ottanta. Malmsteen ha fatto scuola, inutile dirlo e, anche se ho sempre riscontrato in lui una poca flessibilità strutturale/compositiva in quanto non si è mai discostato un poco dal suo stile neo-classico e sinfonico, ammetto che è stato capace di regalare a milioni di fans autentici momenti di estasi. Il qui presente 58enne Lars Johan Yngve Lannerbäck esce quindi a distanza di due anni dall'album di cover “Blue Lighting” con un nuovo disco, suonato, prodotto, arrangiato e cantato tutto da lui, “Parabellum”. Cosa è successo però? C'è un però! Come dicevo prima il guitar player di Stoccolma è stato un precursore ma dalla sua ha sempre peccato di ripetitività. Lasciando perdere i primi lavori, capolavori inarrivabili per molti, si è crogiolato nella sua grazia divida di Dio della chitarra partorendo album su album che sono stati -spesso- una mera elucubrazione stilistica, uno sfoggiare tecnica a profusione sempre sul filo dei 1/64 di velocità e tanta , tantissima musica classica rivista e rielaborata in chiave heavy rock. Tutto questo non è certamente un danno però, dopo decine e decine di dischi, onestamente siamo assuefatti dal suo stile: un pizzico di varietà, un briciolo di inventiva con qualche album “diverso”, anche solo per mostrare al mondo che è capace di suonare tutto ed anche bene. Quasi ho amato di più il penultimo e già menzionato cover album “Blue Lighting” uscito nel 2019, dove per la prima volta l'ho sentito suonare blues rock, coverizzando grandi del passato ma, perlomeno, ha fatto uscire dai suoi amplificatori qualcosa di differente. “Parabellum” infatti non si discosta di una virgola dal suo classico stile e le canzoni sembrano già sentite, gli stessi solos risultano ripetitivi, monotoni, senza verve e, alla lunga, si fatica ad ascoltare tutte le tracce presenti. Inoltre, manco farlo apposta, il buon Yngwie ha fatto un lavoro pessimo in fase di produzione, registrazione e arrangiamento; il suono è “chiuso e ovattato”, ed anche le song più “interessanti” come “Relentless Fury”o “(Fight) The Good Fight” entrambe cantate (molti pezzi sono strumentali), risultano sporcate da una pessima produzione. Album consigliato solo ai fans più accaniti.

Roby Comanducci