Iven

Iven

Apr 21

PERSEUS "Into The Silence"

PERSEUS
"Into The Silence"
(Escape Music)
release: 19 – 04 – 2024
genere: power metal
voto: 4.5

Line-up: Antonio

Abate - vocals, Cristian Guzzo - guitars, Gabriele Pinto - guitars, Alex Anelli - bass, Andrea Mariani – drums.

Tracklist: The Clash of The Titans, Into The Silence, Strange House, The Kingdom, The Picture of My Time, Defenders Of Light, Il Labirinto Delle Ombre, Twilight, I Believe in Love, Warrior, Cruel Game.

A volte nella routine sonora che mi accompagna quotidianamente è bello inserire qualcosa di particolare e insolito per me. Sono ben felice che questo strappo alle mie abitudini sia stato dato da un incalzante gruppo italiano dai profondi tratti power metal come i Perseus. I Perseus sono appunto un gruppo power metal formatosi nel 2011 a Brindisi dalle ceneri di due gruppi locali, “Hastings” (prog-metal, opener per Athena ed Eldritch) e “Defenders of the Faith” (tributo ai Judas Priest). All'interno di un genere già ben esplorato, i Perseus si ritagliano un proprio spazio personale, ispirandosi alla vecchia scuola metal di band come Judas Priest, Manowar e Queensryche, senza disdegnare influenze da band più "Avant-Gardes" sia italiane che straniere. La tradizione melodica italiana del bel canto e le belle melodie si mescolano con riff potenti. I momenti più intimi delle canzoni vengono evidenziati utilizzando chitarre acustiche e tastiere. Passione, sofferenza, gioia, amore, dannazione, redenzione sono i temi predominanti espressi nei loro testi. Nell'ottobre 2013 i Perseus registrano il loro album di debutto dal titolo "The Mystic Hands of Fate", prodotto da Tommy Talamanca che ha registrato anche le tastiere per la band. Il primo album dà alla band la possibilità di aprire per band come Vision Divine, Queensryche e Hollow Haze. Nel 2016 i Perseus hanno pubblicato il loro secondo album, "A Tale Whispered in The Night" andando poi in tournée insieme ai DragonhammeR per supportare la band metal svedese Civil War nel loro tour europeo. Nel 2024 la band firma con l'inglese "Escape Music Ltd. e pubblica il terzo album "Into the Silence", un album Power Metal forte e ispirato. "Clash of the titans" carica già, anche solo come intro. Potente e mistica, fa da overture in modo perfetto a "into the silence" che mantiene un sottofondo potente e granitico. La voce si inserisce quasi timida per poi evolversi assieme alla canzone in un tripudio melodico. Doppia cassa tipica del genere e assolo moderato, tutto calibrato al centimetro. "Strange house" fa un gradino ancora, salendo di velocità e melodia. La chitarra entra decisa per poi sedersi a fianco agli altri strumenti e aspettare il suo turno per un assolo davvero interessante che da il giusto calcio alla canzone. Inizio celtico per "The kingdom" che sfocia comunque in un power metal da inno alla gioia! Canzone da cantare abbracciati a un boccale di birra. Un altro salto in avanti per la chitarra, con un assolo armonizzato e rientro sul celtic style. Canzone potente, divertente e ballereccia! Davvero top! Grande intensità vocale per "The picture of my time" dove la collaborazione di ugole porta a un ritornello coinvolgente e appassionato, che non lascia indifferente la chitarra e il proprio assolo, moderato, quasi a non voler disturbare l'amore crescente tra le due voci, come a guardarsi negli occhi appassionati mentre la nota sale fino al cielo. Basta amore e molto ritmo! Velocità trascinate per la canzone da automobile che ogni album dovrebbe avere! "Defenders of the light" é questo! Tempi ben scanditi, rapidità e una chitarra che adesso dice basta alla moderazione e si scatena in un escalation di note da brividi. Wow! "Il labirinto delle ombre" può essere definito un tributo al cantautorato italiano oltre che una splendida ballad, pur mantenendo un approccio power metal, regala momenti di nostalgia per un periodo in cui la musica di casa nostra era di altro livello. "Twilight" ha il riff più accattivante del disco! Dando alla voce un'ispirazione ritmica fino a qui mai sentita. La chitarra si incastra alla perfezione con i suoi compagni di viaggio inserendo anche sprazzi di distorsione più decisa! Notevole! La middle time che crea qualche di variazione alla batteria é "I believe in love"; ritornello profondo dove la voce regala veramente una gradevole performance, molto apprezzata l'idea di una seconda voce in italiano che si incastra con l'inglese! "Warrior" é alla stregua di un musical, per poi sfociare in un potente racconto ancestrale! Grande crescita del pezzo al momento dell'ingresso armonizzato delle chitarre durante l'assolo, come a dare a tutti un bel calcio nel sedere, così che anche la voce acquista più convinzione! Finale deciso e pronunciato! Chiusura dell'album col botto, veloce e aggressivo per "Cruel game": doppia cassa incalzante e synth che non si limitano a un tappeto melodico ma acquisiscono protagonismo duettando con la chitarra mentre le voci si abbracciano in una splendida scalata alla vetta più alta. Finale all'unisono tra voci e strumenti, come fosse un inchino su un gigantesco palco, a ringraziare il pubblico che si é appena goduto uno splendido spettacolo.

Iven

Apr 03

SCAREFIELD “A Quiet Country”

SCAREFIELD
“A Quiet Country”
(Independent Self Release)
release date: 9 – 02 – 2024
genere: thrash metal
voto: 4

Line up: Simone Manuli, Markus Kristoffersson

Tracklist: Ancient Evil, Dead Center , Altar of Fear, Spectre , Child of the Corn, God of Terror, Primitive Shadows, Dream, Shiver, Always, Goodbye.

“Nemo profeta in patria” si diceva in latino giusto qualche decennio fa. È vero purtroppo, Simone Manuli, il fondatore degli Scarefield, si è lasciato alle spalle le pianure dell'alta Italia, per raggiungere il gelido circolo polare artico, nel nord della Svezia, dove è entrato in contatto con il cantante Markus Kristoffersson. La loro musica, prodotta da Simone, è stata scritta e composta dai due ragazzi, fondendo i loro stili e influenze in una nuova originale interpretazione del metal classico, del thrash e del power metal. La musica contiene un'atmosfera forte e pesante, riff veloci, synth e batterie belle veloci. Le voci sono un mix di melodia pulita e potenza, molto moderna, ma con ampio margine alle classiche voci dell'heavy metal anni 80 e soprattutto 90, nonché le voci in stile death metal più aspro dei giorni nostri. I testi contengono argomenti come storie personali e ovviamente il sempre apprezzato tema horror! La prima cosa che salta all'orecchio sono i suoni estremamente curati e potenti, già da "Ancient Evil" la doppia cassa titaneggia dando potenza ma senza mai primeggiare. Le armonizzazioni di chitarra ricordano gli ultimi Metallica ma con una freschezza e un energia nuova. "Dead Center" enfatizza ancora di più doppia cassa e le armonizzazioni, dando una spinta alla voce sui ritornelli. Decisa e melodica, forse a volte fin troppo precisa (in senso buono) Torniamo un po' più 80 con "Altar of Fear", un inizio sempre in doppia ma rallentato per dare più aria e delle chitarre ancora all'unisono, sfociano in un ritornello molto melodico, quasi pop. Parte finale intensa e potente. Notevole! Rallentiamo nelle dinamiche con "Spectre" lasciando però alcuni segni di thrash metal ben evidenti qua e là, come a dire: "ok melodia, scansati un secondo che mi devo sfogare". Canzone da singolo, molto moderna e incisiva, prende per mano il passato e lo porta ottimamente nel presente. Arriva la ballad metal per antonomasia, arpeggione deciso e voce alla guida per "Child of the Corn". E poi no! Cambio repentino di ritmo e doppia cassa a mille all'ora, la voce si eleva in un escalation di crunch e acuti davvero notevoli. Ritornello comunque melodico ma ricco di intensità; da cantare mentre ci si lancia in un pogo. Ritorno lento quasi in stile pantera. "God of Terror" é il thrash per antonomasia, ma con una modernità vocale e di suoni che la fa entrare nel nuovo millennio: inizio aggressivo con doppia cassa prorompente, ritornello melodico e voce calda x contrastare con la freddezza e cattiveria iniziale e per strizzare un po' l'occhio alle nuove generazioni; il solo segue questa filosofia e di inserisce in vari punti senza mai esasperare. Parte finale pronta per il live! Continuiamo sulla stessa linea con "Primitive Shadows", dove la linea melodica viene ancora più enfatizzata da voce e chitarra quasi malinconica nel ritornello, passando ad alcuni passaggi punk e hardcore nella strofa. Il solo armonizzato ricorda a tutti quali sono le caratteristiche principali degli Scarefield. A volte basta il titolo per sapere dove stiamo navigando: "Dream" e il suo arpeggio iniziale ci porta in un lungo sogno fatto di voce pulita e piena di calore, alternata a una sana rabbia danzante nel buio della notte con la sua amata chitarra. Ripartiamo subito con una granitica middle time dai suoni profondi ritmati: il suo nome é "Shiver" e apre il ritornello in modo arioso e melodico rispetto alla strofa; canovaccio ormai sentito per l'assolo, anche se mantiene un ottimo impatto sonoro: garanzia! "Always" inizia quasi pop, con un leggero richiamo a quel rock primi anni 2000 come Creed e simili: la voce appare suadente e leggera. Canzone significativa per poter dire: "sappiamo uscire dagli schemi", anche se appare un po' fuori da tutto il contesto. Chiudiamo tornando alle sonorità classiche con "Goodbye", che più che un addio suona come un arrivederci, al prossimo album. Le chitarre tornano cariche e melodiche, la doppia cassa regna sovrana: ottima chiusura. Davvero un album ben costruito dove si eleva il concetto di qualità sapendo che è auto-prodotto. Il dispiacere per artisti di casa nostra che devono lasciare lo stivale nella sola speranza di essere quantomeno considerati resta agghiacciante, quindi auguro a questi ragazzi tutto il bene che meritano di fronte a quest'album di pregevole fattura che meriterebbe davvero grandi palcoscenici e una sacrosanta quantità di rimpianto nei confronti del nostro paese: la terra di santi, poeti e naviganti che ormai non sanno più andare oltre le pagine rosee dei quotidiani sportivi. Ce ne andassimo tutti a fa...re un bel viaggio in Svezia!

Iven

Mar 05

F.K.Ü “The Horror And The Metal”

F.K.Ü
“The Horror And The Metal”
(Despotz Records)
release date: 09 - 02 – 2024
genere: metal
voto: 4,5

Line-up: Pat Splat – Bass, Pete Stooaahl – Guitars, Larry Lethal – Vocals, Unspeakable Emp - Drums

Tracklist: The Horror And The Metal, (he Is) The Antichrist, The Spawning, Don't Have To Go To Texas, Harvester Of Horror, Deep Cuts, They Are 237, Bringing Back The Dead, Some Kind Of Mosher, You Are Who You Eat.

Ci sono quei giorni in cui hai bisogno di sfogarti, di tirare fuori la rabbia e farti leggere in faccia che le persone devono starti lontano. Capita sovente anche a voi lo so. Queste giornate di furia devono essere coadiuvate dalla giusta colonna sonora. Mi permetto allora di consigliare loro: F.K.Ü. From Sweden! Fortemente ispirati dai film horror degli anni ’80 e dal crossover thrash metal (soprattutto S.O.D., a dire il vero), il seme di ciò che sarebbe diventato F.K.Ü. è stato piantato già nel 1987, ma ci sono voluti altri 10 anni prima che i ragazzi si mettessero d’accordo e creassero effettivamente della musica da far ascoltare al mondo. Essere integralisti nel mondo della musica è molto difficile e questo è il principale motivo per cui ci è voluto così tanto per trovare una loro collocazione. Ora, dopo innumerevoli spettacoli dal vivo, gli F.K.Ü. tornano con il loro album più definito e pesante, “The Horror and the Metal” in uscita il 9 febbraio 2024 su Despotz Records. L’album è una semplice dichiarazione di intenti e serve a cementare i pilastri fondamentali dei F.K.Ü. L’horror è il tema generale della band e i film degli anni ’80 sono la loro principale ispirazione lirica e visiva, mentre il metal e un tocco di sano trash metal della bay area, è ciò che scorre nelle vene di questi ragazzi. Il disco è stato ancora una volta prodotto dal cantante del gruppo: Lawrence Mackrory (Bloodbath, Katatonia, Vomitory). La band si è chiusa nei Rorysound Studios all’inizio del 2023 per iniziare a registrare il nuovo disco. Quando, dopo un paio di mesi, sono finalmente usciti dalla porta principale hanno creato un capolavoro horror metal che eliminerà ogni incertezza sulle loro intenzioni. “Ah quei bei suoni metal di una volta, tanta chitarra e una batteria da cardiopatia congenita”. Questo è il primo pensiero quando parte "The horror and the metal": un intro quasi alla King Diamond sfociante poi in un sano trash metal potente ma pulito e scandito! Potenza che raddoppia con "(He Is) the Antichrist": i cori del ritornello rinforzano un concetto tutt'altro che velato, con chitarre e batteria al servizio della ritmica, nessun protagonismo ma un treno che va all'unisono verso la stazione. Un po' di Slayer e un po' di Kill'em all per "the spawning", dove la partenza rallentata lascia poi un piacevole apertura con il ritornello sorprendentemente melodico; la piccolina fa proprio muovere la testa con un mix perfetto tra granito e caramelle! "Don't have to go to Texas" torna su parametri classici del trash, la velocità supera quella del suono e la voce diventa sempre più parlata e veloce, sfociando in qualche scream gutturale che regala colore. Tempo di nuovo rallentato per la voce e la batteria in "Harvester of horror" dove però le dita delle chitarre corrono i 100 metri, subito dopo, rocambolesca inversione con la doppia cassa che regala una mitragliata potente mentre la voce diventa melodica e cadenzata, riff in stile Exodus e qualche pregevole scambio di armonizzazioni; sicuramente la canzone più curata e ricercata dell'album. Riff granitico per aprire "Deep cuts" anche se si sfocia in un sound più hardcore, con il ritorno dei cori sul ritornello e una bella batteria decisa, veloce e aperta. Gocce di hard rock che cadono dal cielo su un terreno florido di trash metal per "We are 237", dove un leggero richiamo Anthrax vecchia maniera si mischia al dolce polline exodusiano. "Bringing back the dead" torna ad essere un treno in corsa, batteria velocissima e secca, priva di tecnicismi: chitarre che spingono e si aprono sulla strofa per poi buttare giù note che seguono la voce per alcuni percorsi. Proprio lei: l'ugola che torna a ripescare il sound tipico degli anni ottanta. Rallentamento per "Some kind of mosher" dove il riff torna più morbido, melodico e cadenzato per una canzone che fa ben muovere la testa e anche un pò i fianchi, con i gomiti larghi, per quel pogo che tanto ci manca! Marchio di fabbrica sonoro per "Who are Who you eat", dove la partenza profonda e cupa lascia spazio alla velocità del tema principale, doppia cassa quanto basta e chitarre sempre molto essenziali sul tema. La voce anche in questo caso è coadiuvata molto bene dai cori in sottofondo che ne danno quel tono punk. Parte centrale rallentata e doppia cassa implacabile! Un album dal sapore trash con ottime sfumature hardcore e a volte anche Classic metal. Sicuramente qualcosa di fresco e diretto, privo davvero di qualsiasi fronzolo superfluo ma con un unico obiettivo: le canzoni! Nulla appartiene al protagonismo dei singoli e questa cosa è da lodare sopra tutte le altre.

Iven

INSANE HABITS
“How To Grow Up and Fail Miserably”
(Independent Music Promotions)
release date: 29 – 02 - 2024
genere: punk rock
voto: 3.5

Line-up: Stefan - Vocals and guitar, Mark - Bass, Thomas - Drums

Tracklist: The Commute, 12 Hours, For No Reason, She's Out, Iron Ice Tea, So Easy, Iron Ice Tea (Hangover Version).

Adoro raccontare queste storie: come nascono le band a scuola; tra ragazzi che a malapena tengono correttamente in mano il basso e a volte quelle bacchette volano via e la pelle si rompe perché hai picchiato con la punta. Eppure abbiamo avuto tutti quella voglia di dire qualcosa, forse con lo spirito furioso, a volte fuori luogo, o quel fantastico bisogno di ribellione verso chissà cosa, che dopo 20 anni fa sorridere. E allora noi “vecchi rocker” con le toppe sulla giacca di jeans, guardiamo con malinconia questi giovani ragazzotti che ripercorrono le nostre orme, sperando che abbiamo magari più fortuna di noi. Parlo davvero come un vecchio a volte! Ma ho solo 38 anni lo giuro! Fratelli e migliori amici: questo è il trio punk austriaco di Vienna. Stefan e Mark si conoscono dalla scuola media e dopo aver frequentato diverse scuole superiori, entrambi hanno scoperto la musica punk rock e hanno sviluppato un amore permanente per l'atteggiamento punk. Ispirati dalle esibizioni dal vivo delle grandi band Punk degli anni '90, sentivano di dover essere anche loro sul palco. Fin dall'inizio la band era molto conosciuta per i suoi energici spettacoli dal vivo e per la loro interazione con il pubblico. Dopo aver finito il liceo, sono andati in direzioni diverse, dal punto di vista educativo e geografico. Tuttavia il loro amore per il Punk non è mai morto. Nel 2019 tutti e tre sono tornati a Vienna e hanno deciso di tornare insieme, scrivere nuove canzoni e registrare il loro secondo album, "Nothing To Declare", pubblicato nel 2021. Nel 2023 i tre ragazzi di Vienna, tornano in studio per scrivere e registrare il loro nuovo EP "How To Grow Up & Fail Miserably". I fan e i nuovi ascoltatori possono aspettarsi sette nuove tracce piene di divertimento, furia, sciocchezze e malinconia ma anche un EP che finisce con una nota divertente, specialmente per i postumi di una sbornia. Dopo una intro che in fondo ricorda a tutti che sono dei ragazzi della nuova generazione si passa a "12 hours" dove le ispirazioni californiane del punk anni 90 trasudano da ogni poro. Un po' Offspring un po' Bad Religion. "For no reason" dona spunti interessanti: pur mantenendo quell'anima da sole e spiaggia al tramonto sull'oceano pacifico, trova spunti malinconici nella voce che rende tutto nuovo e originale. Riff piacevole e batteria più protagonista per "She's out" per poi tornare ai fasti punteggianti degli anni 90 con "iron ice tea": dove una caratteristica tipica di quei tempi torna in auge, quella velocità mischiata a un fondo misto reggae/ska che nn può mai mancare in album di questo genere. "So easy" è la canzone più ricercata del disco (forse non a caso la più lunga), un riff più elaborato risveglia un profumo di ballad dai suoni sporchi, una trama a 6 corde con arpeggi armonizzati, semplici ma di gradevolissimo risultato. Ultima parte più ricercata, con il riff che prende più cura e precisione mentre la voce tenta di creare qualcosa di più articolato e importante. Ultimi 27 secondi con la versione ubriaca del the freddo all'acciaio. Un EP fondamentalmente adolescenziale ma che lascia spazio a qualche spunto interessante, facendo ben sperare per il futuro. La stoffa c'è, ora c'è da lavorare su alcuni contenuti. Come mi dicevano a scuola: "sei bravo ma non ti applichi!". Questi ragazzi fanno intravedere talento, ora è il momento di applicarsi.

Iven

Feb 09

GOTUS "Gotus"

GOTUS
“Gotus”
(Frontiers Music s.r.l.)
release date: 19 – 01 – 2024
genere: hard rock
voto: 4

Line-up: Mandy Meyer - guitars, Ronnie Romero - vocals, Pat Aeby - drums, Tony Castell - bass, Alain Guy – keyboards

Tracklist: Take Me To The Mountain, Beware Of The Fire, Love Will Find Its Way, Undercover, Weekend Warriors, Children Of The Night, When The Rain Comes, Without Your Love, What Comes Around Goes Around, Reason To Live, On The Dawn Of Tomorrow

Io vivo a Verbania, una ridente cittadina al confine svizzero, un luogo preso di mira (in senso buono) da molti frontalieri, che in periodi estivi amano passare le vacanze sui nostri laghi e scoprire le nostre eccellenze. Per una volta invece faremo il contrario, saremo noi a cercare e trovare una loro piccola ma imponente eccellenza: i Gotus! Formati nel 2019, i Gotus sono emersi inizialmente come un progetto live concepito dal chitarrista Mandy Meyer e dal batterista Pat Aeby. La band vanta nei membri passati e attuali, dei giganti del rock svizzero come Krokus, Gotthard e Storace. La formazione si consolidò successivamente con l'aggiunta di Ronnie Romero come frontman, del bassista Tony Castell (ex-Krokus, Crystal Ball) e del tastierista Alain Guy, creando un quintetto dinamico e potente. "Gotus", è una testimonianza dell'evoluzione e dell'abilità musicale della band. Non solo rende omaggio alla vasta discografia di Meyer con interpretazioni stellari di classici come "When the RainComes" (Katmandü) e "Reason to Live" (Gotthard), ma esplora anche nuove frontiere con brani come "Beware Of The Fire" e "Weekend Warriors." L'album contiene ballate epiche come "WithoutYour Love" e "Children Of The Night", insieme all'accattivante apertura e al nuovo singolo, "Take Me To The Mountain". Partiamo a mille all'ora proprio con "Take me to the mountain", riff veloce e incessante con quel retrogusto 80s per poi scendere coi toni ma aumentare di intensità con "Beware of the Fire", dove il suono diventa più ricercato e l'incastro tra gli strumenti crea un puzzle con la voce. Alla posizione 3 arriva “Love Will Find Its Way”, una ballad decisa e potente, la voce è graffiante e la chitarra, inizialmente pulita e ben delineata, diventa acida e decisa sull'assolo. Basta amore e lacrime, “Undercover” riparte aggressiva, con quel sano sapore di Gotthard dall'inizio alla fine, senza alcun cambio di ritmo o indecisioni. Armonizzazione sconvolgente per “Weekend warriors”, la velocità cala ma la consapevolezza sonora prende decisamente il sopravvento: il riff è accattivante e coinvolgente. Grinta allo stato puro! Si torna verso la ballad con “Children of the night” molto più melensa della precedente ma anche più intensa: le chitarre pulite dell'inizio ricamano sulla voce un arpeggio quasi a cercare poesia sia nelle corde dello strumento, tanto quanto nelle parole. Rallentamento finale che crea qualche secondo di vuoto, come a metabolizzare ciò che abbiamo appena sentito, poi le bacchette della batteria danno largo a middle time scandita da un suono incredibilmente potente, questa canzone è “When the rain comes”, dove sembra che ogni singola nota arrivi direttamente dal marmo, una scultura sonora dall'incredibile resistenza.“ Without your love”, malgrado la precisione vocale e una pulizia tipica di tutte le canzoni, resta un pochettino più scontata ma gradevole, senza grandi picchi di originalità ma comunque piacevole all'ascolto, la chitarra si inserisce bene senza mai strafare. Momenti di Texas e polvere nei fucili con “What comes around goes around”; canzone che poi si evolve su canali già sentiti, ma quella chitarra in sottofondo resta sempre orientata verso territori dal grilletto facile. Ci piace! Si torna a sonorità molto 80s con “Reason to live”. Una semi ballad che prende energia man mano che passano i secondi, solita voce impeccabile e grande tecnica sopratutto verso le introduzioni delle chitarre. Riff tra i più interessanti per “The dawn of tomorrow”, dove leggeri sinth in sottofondo creano un tappeto deciso e lasciano spazio alla voce di giocare. Interessante parte centrale svuotata dalla ritmica dove le chitarre prendono tutto il protagonismo che meritano. Un album pieno di ispirazione rubata qui e li dalle vecchie band di ogni singolo elemento ma che sa mescolarsi bene per creare qualcosa di nuovo ed energico, un tripudio di hard rock degno del miglior viaggio su una highway americana. Con tanta California dentro e qualche buco di buon formaggio nostrano.Vi aspettiamo sul nostro lago cari Gotus!

Iven