Iven

Iven

Ago 27

LEAVES IN FLAMES “Individuum”

 

 

 

Line up: Leander Bussmann – vocals, Lennart Ryll – lead guitar. Janina Stähn – rhythm guitar, Phil Borkhardt – bass, Niklas Dorendorf - drums

Tracklist: Silence of the Night, Between Two Sides, Secret Little Fantasy, Rather Be A Dreamer, I Don't Want Much, I Wonder.

Bisogna adeguarsi ai tempi moderni, capire che le sgasate delle auto poderose anni '80 non ci sono più, ci sono ormai le ibride e le elettriche ma questo non significa che non ci si possa divertire ancora. I Leaves In Flames ci dicono proprio questo, ci divertiamo e facciamo casino in autostrada, ma rispettiamo i limiti e le altre auto a fianco a noi, anzi, talvolta prendiamo pure spunto e rielaboriamo con una modernità appagante gli stili di guida dei grandi piloti automobilistici del passato. I Leaves In Flames sono una band emergente nata nel 2018 dal classico rapporto tra compagni di scuola ma che ha già potuto sviluppare un album di debutto intitolato "Rolling The Dice", uscito nell'estate del 2021. Un mix non troppo invadente di hard rock e alternative di una band giovane e aggressiva, che abbiamo già potuto godere live nella loro patria natia, la Germania. Dopo tre singoli anticipati, questo "Individuum", un nuovo EP, si trova su tutte le piattaforme digitali già dal 4 agosto. La band commenta così il loro nuovo parto mentale: "l'idea per l'EP è nata per noi poco dopo il primo album nell'estate del 2021 ed è stato ancora una volta un tentativo da parte nostra di ottenere quante più sfaccettature possibili dalla nostra musica. Quando ascolti "Individuum" puoi sentire praticamente di tutto, dal classico hard rock dei Leaves In Flames, alle melodie pop, fino a un suono più alternativo”. “La cosa più importante per noi”, proseguono, “era catturare l'ascoltatore non solo musicalmente ma anche dal punto di vista dei testi. Pertanto, i temi delle canzoni spaziano dalla critica sociale, alla lotta contro la depressione, passando per una semplice gioia in una giornata estiva con gli amici”. E non stavano affatto scherzando, partendo già dalla prima canzone “Silence of the Night”, il suono molto beat ricorda l'indie rock inglese (davvero notevole per un gruppo tedesco) ma con più velocità e sound hard, senza dubbio la miglior canzone dell'album. Il ritmo è incalzante e l'ottima melodia fa muovere davvero bene la testa, forse pecca di poca chitarra e di un assolo incisivo, ne avrebbe fatto sicuro giovamento. “Between Two Sides” è una middle time con chitarre hard rock, la voce proiettata subito verso l'Inghilterra e i suoi miti, anche se in questo caso si vira in zona NWOBHM più che al pop inglese. Chitarra delicatamente gestita nell'assolo che si interfaccia ottimamente con il distorto tipico nelle sonorità più metal; se avesse più velocità sarebbe splendida come canzone da viaggio, provate ad ascoltarla durante un parcheggio pieno di grinta. “Secret Little Fantasy” torna a riff più pop, influenze quasi reggae ma quel bel inserimento di chitarre distorte rende tutto originale. Il pop della voce viaggia ancora una volta verso qualcosa di nuovo, assolo garbato e mai pesante, quasi a non voler disturbare. Passaggio lento verso metà della canzone che poteva forse essere sviluppato con più personalità, ma che sfocia in un finale piacevole e molto solare, cori in sottofondo divertenti e basso poderoso. Notevole! “Rather Be A Dreamer” è funky a più non posso! Voce più soft, tendente al soul anni 80, basso al centro del mondo e bei suoni a tambureggiare un ritornello che però (piccola pecca) sembra non voler volare mai. La voce torna bit pop, e un accenno di hammond distorce nuovamente le intenzioni musicali e genere di appartenenza. Nel complesso, canzone davvero piacevole. “I Don't Want Much” regala una chitarra anni 70 con un accenno a “Jumping Jack Flash” in chiave moderna, per poi virare su qualcosa di più aperto dove il basso pieno di fuzz prende il sopravvento sonoro. Ritornello da auto in corsa (questa volta su autostrada). Anche in questo caso, le chitarre inseriscono un assolo garbato, delicato, mai eccessivo. “I Wonder” è la canzone che mancava, ballata bagna mutande! Chitarra classica e voce da piacione fa da apripista al testo da spaccacuore. Nel complesso, un EP molto piacevole e versatile nelle idee e nei suoni, che comunque convergono sempre nella parte primordiale più british. Sicuramente un secondo album che fa ben sperare, da ascoltare in macchina ma non troppo veloce. Si accelera con calma, come se alla guida ci fosse nostro zio, quello Rock, che vive di ricordi di gioventù, tra Beatles e Rolling Stones, che indossa la giacca di jeans con le toppe, quelle dei gruppi musicali. Quello zio che vuole ancora strafare, ma sa che seduto a fianco c'è il nipotino a cui vuole bene e allora rallenta, per la tua sicurezza. Ringrazialo perché sta facendo un buon lavoro.

Iven

 

 

Line-up: Scotty Hall – Vocals, Laurie 'Drill Sgt' Caudwell Drums/Vocals, Ollie Altham – Guitars, Cam Bland - Bass guitar

Tracklist: Rewind, Can't break this, Time to lose, Nah nah Fuck You, Middle Fingaz, Die Widda Brain, Nonce Killa

Ricordo da ragazzino quella sensazione fastidiosa che attraversa tutto il periodo preadolescenziale: la continua ricerca di una identità, una collocazione nel mondo. Poi arriva quel tuo amico un po più avanti, che ti porta quel disco, quello che fatichi ad ascoltare per paura di essere additato come un poco di buono, un drogato. Trovi il coraggio di metterlo su nell'ormai obsoleto lettore cd; la tua vita a quel punto è iniziata. Superati i primi imbarazzi, arriva il momento della scorpacciata: il giubbotto di pelle e la navigazione verso lidi più burrascosi. I miei anni erano i famigerati 2000, a 15 d'età, tolta la patina della mancanza d'identità, con la voglia di ribellione, si passava al Nu metal dei primi Korn e Limp bizkit (senza mai dimenticare i classici, sia chiaro, come Maiden o Metallica). Ascoltando questi Street Soldier, nonostante il sound molto hardcore, ho vissuto una stupenda sensazione di deja vu per lunghi tratti. Questi quattro ragazzi dalle sembianze cattive iniziano il loro viaggio nel 2018 con una breve clip dell'ormai iconico "Bully Basher". La band si è subito messa in mostra, per il sound molto aggressivo e i live ricchi di splutter e colpi di scena, tanto da essere banditi proprio nella loro città natale: York. Il loro modo di essere però, ha colpito i maggiori esponenti dell'hardcore, così da portarli in giro per l'Europa come spalla di gruppi come Desolated, Knuckledust, World Of Pain e molti altri. Molto di questo dipende dal cantante Scotty Hall, con i suoi testi ricchi di denuncia, rabbia e voglia di combattere, al solo tentativo di non lasciare impuniti coloro che deturpano questo nostro pianeta con atti di razzismo misoginia e dolore, in un turbinio di rabbia vocale. Ad abbinare l'energia di Scotty c'è la batterista/cantante Laurie "Drill SGT" Caudwell, che offre ritmi che riempiono la pista da ballo e stravaganti richiami di mosh in abbondanza. Aggiungi i riff imponenti del chitarrista Ollie Altham e il fragoroso basso di Cameron Bland, e avrai una forza distruttiva influenzata tanto dall'aspro hip-h op underground quanto dal gutturale death metal; oltre che, come detto, dallo schiacciante nu-metal degli anni d'oro. Anche se al centro di tutto questo ci sono quattro cose fondamentali. Forza, lealtà, disciplina e rispetto. Vivendo la vita al meglio e godendo ogni giorno come se fosse l'ultimo, il messaggio di Street Soldier è saldamente radicato nella positività. In questo loro Ep, intitolato Original Murda material, “Rewind” è il pezzo d'apertura; parte con una inaudita aggressività, verrebbe da dire troppa, in quanto alcuni eleganti passaggi tecnici potrebbero sfuggire ai primi ascolti. “Can't break this”, diventa più raffinata, seguendo linee più melodiche, quasi a tributare gli Slipknot di Subliminal verses (considerando la venerazione che ho per quell'album, è un complimentone), anche se lo stile aggressivo resta immutato. Con “Time to lose” torniamo selvaggi ma meno efficaci rispetto alle due tracce precedenti; limitarsi a un solo ascolto porterebbe però a perdere degli interessanti stop ritmici. La voce nella parte melodica tende a perdere un pò di tono ma ci pensa il basso a salvare tutto con un gran lavoro di ricamo in sottofondo. “ Nah nah Fuck You” è coraggioso e melodico, forse il miglior pezzo dell'album, uscendo completamente dagli schemi fin qui perseguiti, diventa un omaggio ai Beastie Boys. “ Middle Fingaz” suona molto anni 90, Limp Bizkit style. “Die Widda Brain” è lineare, senza troppi fronzoli, ma ancora qualche pecca nelle parti vocali melodiche, molto piacevole il minuto finale, con chitarre aperte che danzano assieme allo skretching del dj... sicuramente adatta a serate ballereccie con chiave luppolosa. “Nonce Killa” regala una batteria a tratti slayeriana. Interessante la variazione di dinamica tra la ritmica più lenta e l'accelerazione vocale. Il basso sempre protagonista nel dare spunti nuovi, in questo caso ben coadiuvato dalle chitarre. La voce è potente e aggressiva più che in tutti gli altri pezzi. La chiusura dell'album è da ricordare, con un finale cadenzato che suona come un saluto verso la prossima produzione. La voglia di gridare prevale sempre e il tentativo di variazione sulla melodia a volte stride un pò; quasi forzata o semplicemente non proprio nelle corde del cantante che, dalla sua però, ci insegna una cosa: non limitiamoci al giudizio distaccato e dozzinale nei confronti di generi o ideologie, perché nonostante l'apparenza poco curata e a volte aggressiva, questi musicisti sanno fare musica e hanno qualcosa da dire. Che sia d'insegnamento a tutti quei ragazzi in fase adolescenziale, ai quali viene detto che la musica dura e cattiva è per tossici e satanisti. Nulla di più lontano dalla verità, se a 15 anni sentite attrazione per quella musica che è vista male da nonni e genitori, chiedetevi, prima di pensare che sia sbagliato, se coloro che la odiano si siano davvero mai fermati a capirla. Perché il primo passo per non odiare è conoscere. Partiamo col farlo dalla musica.

Iven

 

 

Giu 22

THE DEFIANTS “Drive”

 

 

Line-up: Bruno Ravel: Bass, Paul Laine: Vocals and Guitar, Rob Marcello: Guitar, Van Romaine: Drums

Tracklist: Hey Life, Go Big Or Go Home, 19 Summertime, What Are We Waiting For, Miracle, Against The Grain, So Good, Love Doesn’t Live Here Anymore, Another Time, Another Place, The Night To Remember, Nothing’s Gonna Stop Me No

A volte con un disco, nei negozi di musica, avrebbero dovuto regalare una confezione da 6 di lattine di birra. Purtroppo i negozi di dischi non esistono più e questo album avrebbe davvero meritato di essere sugli scaffali di ogni negozio con a fianco il giusto carburante per l'occasione! I Defiants hanno annunciato il loro ritorno con un nuovo album, il loro terzo in assoluto, "Drive", una fetta notevole di hard rock melodico. Paul Laine è tornato a lavorare con i suoi ex compagni di band ai tempi dei DANGER DANGER, Bruno Ravel e Rob Marcello, che sono gli altri due pilastri dei DEFIANTS, come per l'omonimo album di debutto della band. Il gruppo nasce su suggerimento di Serafino Perugino, presidente della Frontiers Music, e grazie alla label partenopea, nel 2016 esce appunto “The Defiants” il primo album del progetto, realizzato con il contributo di Van Romaine alla batteria. “The Defiants” è stato accolto con grande successo come un glorioso ritorno all'hard rock melodico degli '80 e '90, tanto da far caricare a pallettoni i romantici di quei gloriosi decenni. Nel 2019 Frontiers Music pubblica il secondo album della band, “Zokusho” (termine giapponese che sta ad indicare “nuovo capitolo” o “sequel”), realizzato con il contributo di Steve West alla batteria, anche lui di fama Danger Danger. Ora, dopo altri quattro anni di attesa tra un album e l'altro, i Defiants tornano con "Drive", forse il loro più grande successo musicale... finora. L'album risulta subito molto maturo anche se molte influenze anni 80 tendono a non inquadrare perfettamente una direzione ben precisa. “Hey life”, potente song di apertura, parte incisiva ma leggermente fuorviante rispetto al resto dell'album, che, anche se ricco di riff potenti, mantiene un sound sempre piu morbido, canzone dopo canzone. “Go Big Or Go Home” prosegue l'escalation verso la melodia, con chitarre potenti e un ritornello aperto e morbido, gli assoli incalzanti vengono però quasi soffocati dell'arrivo del singolo, “19 summertime” che si potrebbe sicuramente sentire in radio, con alcune sfumature pop e insieme a “Against The Grain” denota una piacevole quantità di influenze “bonjoviane” (il primo Bon Jovi ovviamente), soprattutto nell'impostazione vocale di Laine. “What Are We Waiting For” è un ulteriore cambio di influenze, con un sint di apetura (non nuovo nell'album ma sicuramente qui, più marcato che altrove) a delineare un suono di altri tempi, per poi svoltare in un ritornello quasi pop punk anni 90. Si torna indietro di 10 anni con “Miracle”, che regala nuovamente un tributo agli anni 80: cori e suoni ispirati ai Def Leppard. “So good” potrebbe anch'essa essere un singolo da radio estiva, con riff molto più pop, la voce morbida e coinvolgente contrasta la durezza della chitarra quasi come gustare dell'ottimo brie e spalmarci sopra del peperoncino, non per tutti! “Love Doesn’t Live Here Anymore” è il pezzo senza dubbio più ispirato del disco: ballad veloce e potente, un po come quando la tua fidanzata ti lascia e da bravi rocker non stiamo sul divano a mangiare popcorn ma aspettiamo l'arrivo del nostro migliore amico che suonerà alla porta alle 3 di notte con 2 birre (quelle che dovrebbero regalare con il disco) e guardandoci negli occhi ci ascolterà gridare, mentre gironzoliamo nel campetto da basket dove giocavamo da piccoli. In conclusione, un album che non spicca per originalità, con tantissime influenze prese dai grandi degli anni 80, ma che scorre bene dall'inizio alla fine, con suoni molto ben curati e una chitarra molto ispirata in tutti i pezzi! Un hard rock che non vuole insegnare niente a nessuno, vuole solo farti muovere la testa e saltare all'impazzata! E non è forse questo il vero senso della festa?

Iven

Giu 15

JOEL HOEKSTRA'S 13 “Crash of life”

 

 

Line up: Joel Hoekstra - guitars, Girish Pradhan -lead vocals, Vinny Appice - drums, Tony Franklin - bass, Derek Sherinian – keyboards, Jeff Scott Soto - backing vocals

Tracklist: Everybody Knows Everything, Crash Of Life, Damaged Goods, Torn Into Lies, Far Too Deep, Not Tonight, Over You, I Would Cry For Love, Don't Have Words, Find A Way, You're Right For Me, Through The Night

Ci sono alcuni casi in cui si parla di album della maturità, in questo caso invece, l'evoluzione si sviluppa tutto all'interno di 12 tracce tirate al limite della velocità, come fossero una scalata in montagna a 200 all'ora. I Joel Hoekstra's 13 tornano con un nuovo album veramente ricco di gas sull'acceleratore sopra una splendida autostrada americana polverosa, al tramonto, quel momento della giornata in cui tutti i colori si tingono di rosso fuoco e la malinconia della sera fa capolino durante un energica sgasata della vostra Harley Davidson. Il chitarrista californiano attualmente nei Whitesnake ma con alle spalle numerose collaborazioni, dai Nightranger a Cher, la Trans-Siberian Orchestra e Michael Sweet degli Stryper, riparte col suo progetto solista e si fa accompagnare all'imbocco di questa autostrada da fedelissimi compagni di viaggio, già adocchiati nei precedenti lavori come Derek Sherinian alle tastiere, Jeff Scott Soto ai cori, Tony Franklin al basso, Vinny Appice alla batteria e Girish Pradhan alla voce (e che voce) non presente però nel precedente lavoro. Negli ultimi anni, Joel ha pubblicato gli album acclamati dalla critica "Dying to Live" e "Running Games" dal suo side project Joel Hoekstra's 13. Ha anche pubblicato tre album solisti strumentali. Hoekstra, come nei precedenti lavori, ha gestito la maggior parte del processo creativo, supervisionando la produzione, la scrittura delle canzoni e l'arrangiamento (musica e testi) per questo potentissimo nuovo album. Come detto, l'album è una scalata alla maturità, parte con un pezzo molto hard rock, deciso e graffiato: “Everybody Knows Everything”, prosegue con la potente e intensa “Crash Of Life” che merita pienamente di dare nome all'album. “Damaged Goods” continua sulla strada dell'energia, ma a un certo punto arriva il calore malinconico del tramonto, con la ballad “Torn Into Lies” intensa e poetica, che assieme a “Over You” regalano momenti di vera passione. Raggiungiamo la massima aggressività sonora in “Far Too Deep”, con riff di chitarra davvero taglienti. Torna il sano hard rock con la traccia successiva: “Not Tonight”. “I Would Cry For you” e “ Find Away” dimostrano un grandissimo eclettismo musicale, passando da un suono spiccatamente anni 80 a un pianoforte Hammond dal fortissimo sapore di bourbon. “Don't Have Words” è un eccezionale prova vocale di Pradhan, potente e graffiato come in nessuna altra traccia e ci porta di nuovo tanta polvere sulla strada, ascoltarla con la mano lontano dal gas, potreste provare un forte bisogno di accelerare al massimo, alzare il volume! Chiusura del cerchio perfetto con”Through The Night” che non è solo una canzone ma un caldo abbraccio, per salutare tutti e darci appuntamento al prossimo viaggio. Che dire... io ci saro!

Iven