ARIES DESCENDANT
“From the asces of deceit”
(Frontiers Music s.r.l.)
release: 18 – 10 – 2024
genere: epic metal
voto: 3.5

Line-up: Jonah Weingarten - keyboards and orchestration, Nicklas Sonne - vocals, guitars and bass, Guest musician: Tina Guo - in “The Heart of the Forest”

Tracklist: From The Ashes Of Deceit, Aflame The Cold, Oblivion, Symphony Of Demise, Moira, Downfall, Renewal Of Hope, Mechanical Ascendance, Echoes Of Betrayal, The Heart Of The Forest (Feat. Tina Guo on Cello)

Quando si dice che due è meglio di uno, beh ci sono casi in cui due sono meglio di un orchestra intera: gli Aries descendent, ovvero Jonah e Nicklas, dimostrano proprio questo. Quanto la competenza musicale unita alla moderna tecnologia possa richiamare a sé i suoni del mondo, di un intera orchestra e della natura. Non dimentichiamoci il metal, caro santo e onnipresente metal nei nostri cuori, chitarre potenti e doppie casse agguerrite si mischiano al velato cinguettio di violini e pianoforti. E con solo 4 mani! Jonah Weingarten dichiara: questo album è nato da una grande amicizia che si è formata tra noi e da decenni di esperienza combinata nell'industria musicale. Aries Descendant riguarda il superamento delle lotte personali trasformandole in arte. Jonah ha iniziato la sua carriera con la band progressive metal internazionale Pyramaze. Nel corso degli anni, ha collaborato con artisti come Dave Ellefson (Megadeth), James Murphy (Testament, Death), Matt Barlow (Iced Earth) e molti altri, rimanendo comunque membro a tempo pieno dei Pyramaze dal 2002 e nel 2020. Oltre a tutto il suo lavoro nel mondo del metal/rock, Jonah è anche un affermato compositore di film indipendenti, colonne sonore di videogiochi, inni di squadre sportive e musica per trailer epici. Nicklas Sonne, invece, ha iniziato la sua esperienza musicale come batterista prima di passare alla chitarra e infine diventare un cantautore in una serie di progetti metal e hard rock. La sua lunga carriera ha incluso tour internazionali in posti come il Giappone e l'apertura di concerti per pesi massimi del metal tra cui Metallica e Rammstein. Uniti da una visione comune, Jonah e Nicklas hanno deciso di intraprendere un viaggio musicale rivoluzionario, dando vita al fenomeno che è Aries Descendant. “From The Ashes Of Deceit” é un po Jack Sparrow e un po Batman ma risulta una intro molto piacevole, che regala la scena a: “Aflame The Cold”, middle time aggressiva dove la voce entra morbida e cresce assieme alle chitarre con molto garbo, piano piano, prevalgono su archi e pianoforti; la voce che alterna gutturale e tecnicismi notevoli per inserirsi perfettamente in quell'angolo buio tra metal e lirica. Assolo power metal per antonomasia. “Oblivion” inizia sorniona, con passaggi lenti e sonorità quasi catartiche. Ritornello epico per eccellenza, bellissimo connubio chitarre e violini in alternanza con una doppia cassa potente ma discreta. “Symphony Of Demise” cambia gli equilibri dando maggiore risalto alla parte metal: chitarre e batteria prendono decisamente il sopravvento continuando sempre ad avere grande rispetto per la lirica, che segue con garbo l'evoluzione sonora tra ritornello e strofa. Sicuramente una delle canzoni più incisive del disco. “Moira” torna a un middle time consono a tutto il disco ma con una intenzione molto più incisiva: voce e chitarre sono più aggressive ma anche generose nel lasciare il via libera ai synth in certe parti. Un'alternanza molto potente che sfocia in un unisono veramente interessante per tutto l'ultimo minuto, voci chitarre e violini si intersecano in maniera sublime in una ballata melanconica mista a rabbia e passione. “Downfall” aumenta i giri mantenendo una ritmica molto decisa e granitica, voce più pop sulla strofa mentre il ritornello sembra un musical di Andrew Lloyd Webber. Ritmo più cadenzato per “Renewal Of Hope” canzone molto più diretta e lineare, forse in mezzo a tanti cambi di tempo e intenzione, suona un po' come una boccata d'aria fresca. Un piccolo inno al quale sono stati tolti un po' di fronzoli e data una linea retta e decisa. Ottimo! Continuiamo come la precedente, dando un tocco di pop a un canovaccio già sentito, anche questa “Mechanical Ascendance”, risulta più lineare e spinge sulle chitarre anche più di prima, accostando proprio la lirica con mano forte e decisa, prendendone il sopravvento. Ora immaginiamo un pianoforte sopra un palco e un drappo rosso che si apre davanti a un pubblico silenzioso: “Echoes Of Betrayal” inizia così. Poi dagli spalti in fondo accade qualcosa: delle potentissime chitarre entrano decise dalla galleria e rapiscono la voce che improvvisamente diventa parte integrante come avesse la sindrome di Stoccolma, si innamorano gli uni degli altri in un escalation di suoni poderosi. Notevole! “The Heart Of The Forest” riesce a unire tutti i suoni della natura regalando un pizzico di nostalgia all'interno dei vari saliscendi della melodia. Giorni assolati e temporali; chiudendo gli occhi si vedono perfettamente. Nell'insieme, un progetto che, se non fosse confezionato da sole due persone, passerebbe un po più anonimo ma che conoscendone la costruzione risulta davvero notevole. Prendendo in esame solo le canzoni però, appare vagamente già sentito, nonostante delle intuizioni stilistiche davvero incisive. C'è da lavorare ma il bimbo cresce bene.

Iven

HOUSE OF LORDS
"Full Tilt Overdrive"
(Frontiers Music srl)
release: 11 - 10 - 2024
genere: Aor, pomp rock
voto: 4

Line up: James Christian - vocals, bass, Jimi Bell – guitars, Mark Mangold – keyboards, Johan Koleberg - drums

Tracklist: Crowded Room, Bad Karma, Cry of the Wicked, Full Tilt Overdrive, Taking The Fall, You're Cursed, Not The Enemy, I Don't Wanna Say Goodbye, Still Believe, State of Emergency, Castles High

Con leggero anticipo, ma la bramosia era enorme e - tra l'altro - aspettatevi a breve anche la mia intervista al buon James, eccomi a recensire la quattordicesima fatica in studio di quella che a mio avviso è il mammasantissima, la band cardine del movimento Adult Oriented Rock nonché pompous e melodic rock. Anche se, però, tali etichette vanno strette a James Christian e soci, loro hanno dettato alcune regole con i loro primi due album, "House of Lords" '89 e soprattutto il masterpiece "Sahara" del 1991, ma precisiamo - alcuni potrebbero dire- che il suddetto genere già era in auge nei primi anni ottanta (potremmo citare Angel, Aviator, Giuffria...), ma la comparsa nel music world di questa all stars band permise di riscrivere alcuni canoni fondamentali. Della stellare formazione di "Sahara", Giuffria, Cordola, Mary, Guy, Wright, dopo tanti cambi di line up è rimasto il fondatore e vocalist James Christian accompagnato da un altro membro di "vecchia data", Jimi Bell alle chitarre (entrato in line up nel 2006 con l'album "World Upside Down", il secondo del dopo reunion nel 2000) e Mangold e Koleberg già presenti nel penultimo "Saints and Sinners" che contribuiscono non poco a rendere questo full lenght album un concentrato di classe e qualità. A detta della band l'album è più strong dei precedenti ma , ascoltandolo,  posso affermare che questa eccessiva durezza rispetto ad altri lavori non l'ho trovata, diciamo che prosegue la linea più hard del suo predecessore "Saints and Sinners", targato 2022.  Come sempre le composizioni sono valide, James non ha lesinato su nulla e il notevole guitar work del buon Jimi Bell confezionano un prodottino niente male. Fra le top song mi sento di caldeggiare l'ascolto della veloce e pomposa "Full Tilt Overdrive", ma anche "Taking the Fall" con l'inizio e le alternanze semi acustiche a passaggi heavy rock oppure "Not The Enemy" dall'incedere hard-pomp rock aggrazziata da un pregevole keyboards sound di Mark suggellato da riff di spessore dell'axe man Jimi. Mi spiace invece che sia stata scelta come singolo "Bad Karma", onestamente trattasi di una canzone sempliciotta ma soprattutto poco incisiva e senza carattere; per promuovere album di artisti di questo calibro non capisco perchè si decida in scelte - sovente - poco azzeccate. Un buon esempio di heavy rock - anche se non fa gridare al miracolo - ce l'abbiamo con l'opener "Crowded Room" che, a mio avviso, avrebbe potuto essere lei il singolo di lancio per "Full Tilt Overdrive". Da segnalare la lunghissima (quasi dieci minuti!) "Castles High" che ha il compito di chiudere l'album; una song epica e a tratti quasi progressive, ricca di atmosfere che strizza l'occhio nel lodevole e pregiato apporto tastieristico ai Deep Purple con passaggi sinfonici molto seventies e ricchi di pathos. Veramente azzeccato lo stacco verso metà song con l'innesto di keys ma soprattutto organo e una parte solista dedicata alle tastiere che mette in evidenza le eccelse doti di Mangold per poi lasciare spazio alla sei corde di Bell che cesella un solo d'effetto per poi riunirsi in un tutt'uno  e proseguire la canzone. Ci sono sicuramente altri momenti degni di nota ma, facendo una media, le song non menzionate riescono a creare quell'amalgama di buon rock, edulcorato al punto giusto, ammiccante e con la dose giusta di energia; forse avrei gradito, nella totalità di quasi un'ora di musica, maggiori tracce con più carattere, quelle che alla fine ti vien voglia di canticchiarle subito e il loro refrain ti si conficca nel cervello. Ecco, da questo punto di vista "Full..." è inferiore al precedente "Saints and Sinners" ma credo comunque che riesca a far breccia nel cuore dei tantissimi fans del gruppo.

Roby Comanducci

 

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ENGLISH TRANSLATION

 

With a little advance, but the desire was huge and - among other things - expect my interview with the good James soon, here I am to review the fourteenth studio effort of what in my opinion is the mammasantissima, the cornerstone band of the Adult Oriented Rock movement as well as pompous and melodic rock. Even if, however, such labels are too narrow for James Christian and his associates, they have dictated some rules with their first two albums, "House of Lords" '89 and especially the masterpiece "Sahara" of 1991, but let's point out - some might say - that the aforementioned genre was already in vogue in the early eighties (we could mention Angel, Aviator, Giuffria...), but the appearance in the music world of this all stars band allowed them to rewrite some fundamental canons. Of the stellar lineup of "Sahara", Giuffria, Cordola, Mary, Guy, Wright, after many lineup changes, the founder and vocalist James Christian remained accompanied by another "long-time" member, Jimi Bell on guitars (who joined the lineup in 2006 with the album "World Upside Down", the second after the reunion in 2000) and Mangold and Koleberg already present in the penultimate "Saints and Sinners" who contribute significantly to making this full length album a concentration of class and quality. According to the band, the album is stronger than the previous ones but, listening to it, I can say that I did not find this excessive hardness compared to other works, let's say that it continues the harder line of its predecessor "Saints and Sinners", released in 2022. As always, the compositions are valid, James did not skimp on anything and the notable guitar work of the good Jimi Bell make a pretty good product. Among the top songs I would recommend listening to the fast and pompous "Full Tilt Overdrive", but also "Taking the Fall" with its semi-acoustic beginning and alternations to heavy rock passages or "Not The Enemy" with its hard-pomp rock pace graced by a fine keyboard sound by Mark sealed by thick riffs by axe man Jimi. I'm sorry that "Bad Karma" was chosen as the single, honestly it's a simple song but above all not very incisive and without character; to promote albums by artists of this caliber I don't understand why they make - often - inappropriate choices. A good example of heavy rock - even if it doesn't make you shout for a miracle - is the opener "Crowded Room" which, in my opinion, could have been the launch single for "Full Tilt Overdrive". Worth mentioning is the very long (almost ten minutes!) "Castles High" which has the task of closing the album; an epic and at times almost progressive song, full of atmospheres that winks at the praiseworthy and valuable keyboard contribution to Deep Purple with very seventies symphonic passages and full of pathos. Really well-aimed is the break towards the middle of the song with the insertion of keys but above all organ and a solo part dedicated to the keyboards that highlights the excellent skills of Mangold and then leaves room for Bell's six strings that chisels an effective solo to then reunite in one and continue the song. There are certainly other moments worthy of note but, making an average, the songs not mentioned manage to create that amalgam of good rock, sweetened to the right point, winking and with the right dose of energy; perhaps I would have liked, in the totality of almost an hour of music, more tracks with more character, those that in the end make you want to hum them immediately and their refrain sticks in your brain. Well, from this point of view "Full..." is inferior to the previous "Saints and Sinners" but I still think it manages to make a dent in the hearts of the group's many fans.