Ott 11

 

 

 

Line up: Tracii Guns – guitars, Todd Kerns – vocals, Adam Hamilton - drums

Tracklist: Shut Up (You Know I Love You), Mine (All Mine), Worth the Wait, Coming In Hot, On and On/Over and Over, Only Everything, Broken In Two, Better Than This, Unbroken, The Last Song, Scream Bloody Murder

Tracii Guns storico chitarrista degli L.A. Guns e Todd Kerns bassista e cantante di Slash, Tocqueville, Heroes and Monster, hanno fondato un nuovo gruppo i Blackbird Angels e hanno pubblicato il loro album di debutto intitolato "Solsorte". Nella band oltre a loro due c'è Adam Hamilton alla batteria. Quest'ultimo oltre ad aver trascorso un periodo negli L.A. Guns ha anche prodotto degli album con gente del calibro di Vains of Jenna, George Lynch e altri. “Solsorte” è composto da ben undici tracce di un ottimo rock corposo e diretto. Come dichiara Todd Kerns “...questo album è crudo e reale” e noi non fatichiamo a dargli ragione! Ci sono diverse tracks che valgono veramente i soldi spesi per acquistare (o scaricare, obviously...nfr) il disco; tra queste citerei "Coming in hot " un gran bel pezzo di hard rock contaminato da varie influenze. Su "Only Everything" si sente che Tracii fa parte degli L.A. Guns, il suo songwriting ed esecuzione rimembrano le “Pistole” dell'era ottantiana. Altre song che mi sento di “caldeggiare” sono "The Last Song" e "Worth the Wait", sicuramente tra le top track di questo nuovo “Solsorte”. Per esser un disco di debutto è veramente valido, ovviamente non è suonato da gente di primo pelo e questo fa si che la caratura dell'album aumenti. Buon prodotto!

Luca

Ott 02

 

 

Line-up: Tommy Victor (guitars & vocals), Steve Evetts (additional vocals & bass guitar), Marc Rizzo (lead guitar on „The Descent“), Griffin McCarthy (drums), Steve Zing (background vocals on “Back (NYC)”)

Tracklist: The Descent, State Of Emergency, Breaking Point, Non-Existence, Light Turns Black, Who Told Me, Obeisance, Disconnected, Compliant, Back (NYC), Working Man

Solitamente ascolto i dischi da recensire durante le mie ore di palestra: li ascolto un po così, senza molta attenzione, aspettando che sia la musica a richiamare il mio orecchio. Un riff, un passaggio. Poi arriva il secondo ascolto in macchina: dove mi soffermo su ogni singola canzone, analizzando voce e strumenti. Terzo ascolto: dove faccio considerazioni prima della stesura definitiva. Questa volta invece entro il palestra, attacco il disco, inizio a caricare i pesi sul bilanciere e a un certo punto ti accorgi che stai alzando più peso del solito e che stai facendo più colpi del solito! Cosa vuol dire questo?! Che il disco funziona! Subito, diretto, potente! I loro fan hanno dovuto aspettare sei lunghi anni per l'arrivo del nuovo album, non solo a causa della pandemia con le sue innumerevoli incertezze e sconvolgimenti, ma anche a causa di una serie di eventi piacevoli nella vita privata del cantante e chitarrista Tommy Victor. Ora i Prong sono tornati con "State Of Emergency", con la consueta irrefrenabile energia di un gruppo che è stato in prima linea nella scena metal dalla metà degli anni Ottanta. Il fondatore della band, Victor delinea la direzione stilistica delle undici canzoni e commentando il suo approccio artistico dice: “Mi piacciono tutti i tipi di musica, questo disco lo riflette totalmente perché copre molti angoli diversi”. Le canzoni sono state registrate da Tommy Victor insieme al produttore Steve Evetts (Sepultura, The Dillinger Escape Plan, tra gli altri). Sono brani che colpiscono fino in fondo per la loro intensità e il loro stile diversificato. Piccola nota di colore: l'artwork di copertina, definita dalla band la migliore di sempre, è un opera di Marcelo Vasco, che ritrae iconicamente la potenza dei mass media sulla nostra società. Andando nello specifico, l'album apre con “The Descent”, canzone efficace, deve essere la prima, un apripista sonoro molto deciso, semplice ma diretto, voce potente che sputa in faccia rabbia e aggressività, assolo veloce e preciso, rapido, senza troppi fronzoli. Poi arriva la canzone che dà il nome al disco: “State Of Emergency”, il tempo rallenta e la voce è ben scandita, chiara, ma anche molto decisa e poderosa; la classica canzone da gridare sotto il palco. Interessante l'introduzione all'assolo verso il minuto 2.30 che però forse viene un pochino lasciato a se stesso, poco curato. Il finale è panteriano. “Breaking Point” ha riff da singolo, pronta per il video e la radio. Bella l'apertura per il ritornello che rende la canzone morbida e orecchiabile; in questo caso, il solo fa da apripista per alzare i toni, dando grinta alla parte finale, altrimenti leggermente ripetitiva. “Non-Existence” è la canzone più hard rock del disco: parte con un incalzante riff che sfocia nella strofa 100% Prong per poi aprire verso un ritornello da autostrada terza corsia. Questa piccola peste sonora fa esaltare davvero parecchio! “Light Turns Black” inizia con un muro vocale che stenderebbe un esercito, un inno alle tenebre; poi la chitarra apre e la ritmica la segue, dando potenza a durezza fino al ritornello melodico e aperto. Assolo finale, veloce secco e deciso. Pochi fronzoli e tanta energia! “Who Told Me” è sulla linea della precedente, forse meno impattante ma più costruita. Piacevole influenza Slayer nel ritornello. Con “Obeisance” lasciamo il metal per un attimo spostandoci leggermente sull'hardcore: riff tagliente, batteria secca ed essenziale. Ritornello molto anni 90, questa volta niente assolo, proprio come in quel magico decennio. “Disconnected” ha un interessante cambio di stile, quasi beat inglese pur mantenendo un sound aggressivo che sfocia in un ritornello vagamente pop. Una canzone da singolo per antonomasia. Distorsione curata che segue una batteria più aperta sui tom e timpani, con meno pedale sotto. “Compliant” ci regala una bella linea sonora: la voce a volte sembra un po slegata con la musica, fino al minuto 3 dove un cambio repentino delle chitarre eleva tutto ad altro livello: più melodico e incalzante. Ritornello piacevole e quasi malinconico. “Back (NYC)” riff solido e potente. Voce che segue bene la ritmica, doppio pedale quanto basta e ritornello orecchiabile ed efficace, rallentamenti incisivi a creare delle belle montagne russe. Assolo molto exodus. “Workin man”: cover dei Rush ben rielaborata ma anche solidamente aggrappata all'originale. Cambio al minuto 2 che segue la trama originale ma ricorda anche chi siamo e da dove veniamo. Proposta forse scontata ma di sicuro impatto che regala molti ricordi ma una potenza sonora assolutamente personale. Rientro sul riff quasi sabbathiano, doom metal e prog insieme. Molto apprezzata. In conclusione, l'album viaggia veloce, potente e ricco di influenze e sfumature prese in prestito da gruppi coetanei del periodo metal anni 80 come Slayer, Exodus e altri; ma influenze che a volte sembrano piccoli tributi, come quando facciamo nostre le abitudini di un caro amico che frequentiamo ogni giorno. Ora però il disco è finito e i pesi che ho utilizzato fin ora adesso sono troppo pesanti. Forse è il caso di toglierli dal bilanciere prima che ci resto schiacciato sotto.

Iven