Ott 02

 

 

Line-up: Tommy Victor (guitars & vocals), Steve Evetts (additional vocals & bass guitar), Marc Rizzo (lead guitar on „The Descent“), Griffin McCarthy (drums), Steve Zing (background vocals on “Back (NYC)”)

Tracklist: The Descent, State Of Emergency, Breaking Point, Non-Existence, Light Turns Black, Who Told Me, Obeisance, Disconnected, Compliant, Back (NYC), Working Man

Solitamente ascolto i dischi da recensire durante le mie ore di palestra: li ascolto un po così, senza molta attenzione, aspettando che sia la musica a richiamare il mio orecchio. Un riff, un passaggio. Poi arriva il secondo ascolto in macchina: dove mi soffermo su ogni singola canzone, analizzando voce e strumenti. Terzo ascolto: dove faccio considerazioni prima della stesura definitiva. Questa volta invece entro il palestra, attacco il disco, inizio a caricare i pesi sul bilanciere e a un certo punto ti accorgi che stai alzando più peso del solito e che stai facendo più colpi del solito! Cosa vuol dire questo?! Che il disco funziona! Subito, diretto, potente! I loro fan hanno dovuto aspettare sei lunghi anni per l'arrivo del nuovo album, non solo a causa della pandemia con le sue innumerevoli incertezze e sconvolgimenti, ma anche a causa di una serie di eventi piacevoli nella vita privata del cantante e chitarrista Tommy Victor. Ora i Prong sono tornati con "State Of Emergency", con la consueta irrefrenabile energia di un gruppo che è stato in prima linea nella scena metal dalla metà degli anni Ottanta. Il fondatore della band, Victor delinea la direzione stilistica delle undici canzoni e commentando il suo approccio artistico dice: “Mi piacciono tutti i tipi di musica, questo disco lo riflette totalmente perché copre molti angoli diversi”. Le canzoni sono state registrate da Tommy Victor insieme al produttore Steve Evetts (Sepultura, The Dillinger Escape Plan, tra gli altri). Sono brani che colpiscono fino in fondo per la loro intensità e il loro stile diversificato. Piccola nota di colore: l'artwork di copertina, definita dalla band la migliore di sempre, è un opera di Marcelo Vasco, che ritrae iconicamente la potenza dei mass media sulla nostra società. Andando nello specifico, l'album apre con “The Descent”, canzone efficace, deve essere la prima, un apripista sonoro molto deciso, semplice ma diretto, voce potente che sputa in faccia rabbia e aggressività, assolo veloce e preciso, rapido, senza troppi fronzoli. Poi arriva la canzone che dà il nome al disco: “State Of Emergency”, il tempo rallenta e la voce è ben scandita, chiara, ma anche molto decisa e poderosa; la classica canzone da gridare sotto il palco. Interessante l'introduzione all'assolo verso il minuto 2.30 che però forse viene un pochino lasciato a se stesso, poco curato. Il finale è panteriano. “Breaking Point” ha riff da singolo, pronta per il video e la radio. Bella l'apertura per il ritornello che rende la canzone morbida e orecchiabile; in questo caso, il solo fa da apripista per alzare i toni, dando grinta alla parte finale, altrimenti leggermente ripetitiva. “Non-Existence” è la canzone più hard rock del disco: parte con un incalzante riff che sfocia nella strofa 100% Prong per poi aprire verso un ritornello da autostrada terza corsia. Questa piccola peste sonora fa esaltare davvero parecchio! “Light Turns Black” inizia con un muro vocale che stenderebbe un esercito, un inno alle tenebre; poi la chitarra apre e la ritmica la segue, dando potenza a durezza fino al ritornello melodico e aperto. Assolo finale, veloce secco e deciso. Pochi fronzoli e tanta energia! “Who Told Me” è sulla linea della precedente, forse meno impattante ma più costruita. Piacevole influenza Slayer nel ritornello. Con “Obeisance” lasciamo il metal per un attimo spostandoci leggermente sull'hardcore: riff tagliente, batteria secca ed essenziale. Ritornello molto anni 90, questa volta niente assolo, proprio come in quel magico decennio. “Disconnected” ha un interessante cambio di stile, quasi beat inglese pur mantenendo un sound aggressivo che sfocia in un ritornello vagamente pop. Una canzone da singolo per antonomasia. Distorsione curata che segue una batteria più aperta sui tom e timpani, con meno pedale sotto. “Compliant” ci regala una bella linea sonora: la voce a volte sembra un po slegata con la musica, fino al minuto 3 dove un cambio repentino delle chitarre eleva tutto ad altro livello: più melodico e incalzante. Ritornello piacevole e quasi malinconico. “Back (NYC)” riff solido e potente. Voce che segue bene la ritmica, doppio pedale quanto basta e ritornello orecchiabile ed efficace, rallentamenti incisivi a creare delle belle montagne russe. Assolo molto exodus. “Workin man”: cover dei Rush ben rielaborata ma anche solidamente aggrappata all'originale. Cambio al minuto 2 che segue la trama originale ma ricorda anche chi siamo e da dove veniamo. Proposta forse scontata ma di sicuro impatto che regala molti ricordi ma una potenza sonora assolutamente personale. Rientro sul riff quasi sabbathiano, doom metal e prog insieme. Molto apprezzata. In conclusione, l'album viaggia veloce, potente e ricco di influenze e sfumature prese in prestito da gruppi coetanei del periodo metal anni 80 come Slayer, Exodus e altri; ma influenze che a volte sembrano piccoli tributi, come quando facciamo nostre le abitudini di un caro amico che frequentiamo ogni giorno. Ora però il disco è finito e i pesi che ho utilizzato fin ora adesso sono troppo pesanti. Forse è il caso di toglierli dal bilanciere prima che ci resto schiacciato sotto.

Iven

 

 

Line up: Ronnie Romero – vocals, Andy C. - drums, Jose Rubio – guitar, Francisco Gil – keyboards, Javier Garcia - guitars

Tracklist: Castaway on the Moon, Mountain of Light, I’ve Been Losing You, Too Many Lies, Too Many Masters, Girl, Don’t Listen to the Radio, Crossroad, Not Just a Nightmare, A Distant Shore, Chased By Shadows, Vengeance

Ronnie Romero ha annunciato l' uscita del suo terzo album da solista "Too many lies, too many masters" tramite Frontiers Music s.r.l. La formazione è formata da Ronnie Romero alla voce, Andy C. batteria, José Rubio chitarra, Francisco Gil alle tastiere e Javier Garcia chitarra. Romero, Andy C. e José Rubio hanno coinvolto per la prima volta Romero che precedentemente non era molto attivo in fase di songwriting. La voce di Romero è sicuramente nolto valida ed ha contribuito a portarlo alla ribalta nella scena hard rock e metal attuale. "Too many lies, too many masters", ascoltandolo, è veramente bello perché ha molte influenze tipo i Rainbow del mitico Ritchie Blackmore, Lord of black e the Michael Schenker Group. Un disco di dieci canzoni di altissimo livello che già dal primo ascolto si fa apprezzare molto. "Castaway on the moon " la traccia iniziale del lavoro, ha già una bellissimo impatto, ma anche la title track non scherza ed ha parecchie frecce al suo arco per far breccia nel cuore di tanti rockers. Questo full lenght album è una piccola perla che vi consiglio di acquistare perché rasenta – quasi- la perfezione.

Luca