Giu 06

 

 

Line up: Deen Castronovo – vocals, drums, Jack Blades – additional vocals, bass, Doug Aldritch – guitars. Guest musician: Alessandro del Vecchio- keyboards, chorus, Lunakaire- additional vocals on “Talk to me”

Tracklist: When the heartache has gone, Price we pay, Rise, Coming home, Closer, Higher, Talk to me,It’s not the end (it’s just the beginning), Million Miles, Win or lose, Eyes of a child

No davvero, non avrei saputo immaginare un modo migliore di iniziare l’anno se non con questo splendido disco. I Revolution Saints sono un super-gruppo (mia definizione, ma non credo ci siano dubbi) che vede alla voce Deen Castonovo (Journey, Bad English) in collaborazione, dietro il microfono, con Jack Blades (Night Ranger); i due si occupano anche della sezione ritmica della band rispettivamente alla batteria e al basso. La formazione della band è completata da un nome che non necessita presentazione, parliamo signori nientemeno che di Mr. Doug Aldritch! Al lavoro ha poi contribuito fortemente una nostra vecchia conoscenza, ovvero Alessandro Del Vecchio ancora una volta al lavoro con autentici miti della scena Hard’n Heavy. La collaborazione nel caso è stata decisamente importante, avendo Alessandro prodotto il disco, suonato le tastiere nonché collaborato alla composizione di parte delle song. Dopo una così lunga introduzione meglio non perdere ulteriormente tempo e dedicarsi a parlare di musica. Melodic Hard rock con fortissime influenze 80s, ma con accenni heavy molto forti e tinte aggressive nella maggior parte delle song: questo in estrema sintesi quanto troverete in questo lavoro, e tutto è creato di una qualità eccelsa. Penserete stia esagerando, e ammetto onestamente che è possibile, come sempre quando si accoglie un lavoro con una certa dose di entusiasmo. Vado allora a spiegarvi come mai ho questa opinione. Il lavoro si presenta con un’ottima attenzione per l’orecchiabilità e la carica “empatica” dei pezzi, che puntano tutto sulla melodia così come, comunque, su una certa aggressività ritmica, basando il nucleo portante del disco su ritmi veloci ben supportati dall’ottima sezione melodica. Accanto a diversi interessanti lenti (su tutti direi la song #7, “Talk to me”) abbiamo così numerosi pezzi che fanno orecchiare il miglior hard da classifica 80s, naturalmente corroborato da una prestazione vocale decisamente sopra le righe di Mr. Castronovo, la cui estensione vocale ed espressività danno sicuramente una marcia in più ai pezzi. A livello tecnico la prestazione è decisamente ineccepibile in tutte le parti, mentre la produzione è a ottimi livelli, e permette di sottolineare con cristallina chiarezza tutte le linee sonore. Notevole a mio modo di vedere come riesca a unire linee di tastiere espressive e linee ritmiche di chitarra comunque aggressive (traccia #6, “Higher”, ad esempio). La pecca di questo disco si può trovare ed è probabilmente un deficit nell’innovatività del sound: la band si appoggia comunque a ben rodate strutture espressive, come detto, riuscendo ovviamente a gestirle in modo altamente appetibile. Si tratta dunque di un ascolto consigliatissimo e che sicuramente rimanda alla speranza di un live nei prossimi mesi nel nostro paese. Vedremo!

Nikki

Giu 26

 

 

Line up: Dino Jelusic – vocals, George Lynch – guitars, Trevor Roxx – bass, Will Hunt - drums

Tracklis: Here comes the king, Dirty Blues, I Disappear, The Dying, Last Man standing, Siren Song, The voice of a soul, Cold, Escalator, Higher, Grand Master

La bio ci rivela la peculiarità della nascita di questa band, che è decisamente opportuno riportare qui: questo progetto nasce a seguito della ben valutata attività del singer Dino Jesulic con la sua band, gli Animal Drive, che hanno attirato l’attenzione nientemeno che di mr. George Lynch! Ne è quindi nato il desiderio di avviare un progetto, il cui esito è il platter che ci troviamo tra le mani. Le doti di Dino sono immediatamente evidenti ascoltando le tracce di questo lavoro: una voce graffiante, espressiva, dall’ottima estensione che si adatta ai pezzi più aggressivi così come alle parti più “interpretate”. Non sorprende quindi che nei desideri di Mr. Lynch non potesse che essere la linea vocale più adatta per riprendere un discorso compositivo molto classico, legato all’hard rock 70s, sia quello dei Lynch Mob che gli diedero al popolarità, sia quello di estremo successo di band come i Whitesnake (e in certi momenti la vicinanza tra le linee liriche di Dino e quelle più storiche di Mr. Coverdale è decisamente appariscente). Il risultato è ambivalente stilisticamente ma decisamente positivo; cerca infatti di ripercorrere in modo innovativo una serie di strutture melodiche che già si conoscono, a volte sfruttando melodie strumentali che richiamano fortemente gli anni passati (penso alle tastiere di “The Voice of a soul”). Quello che rende però fortemente interessante questo lavoro è quanto traspare dal lavoro compositivo, che è di ottimo livello. Non ci sono momenti di stanchezza nel disco, che riprende come se non fossero passati svariati decenni il discorso di quegli anni, ridandogli vitalità e risultando decisamente accattivante. La prima metà è più orientata ai toni aggressivi e a ritmi veloci, mentre da metà in poi (oltre alla già citata “The voice of a soul” mi viene in mente la successiva “Cold”) abbiamo canzoni maggiormente d’atmosfera con ampi influssi blues. Un discorso a parte merita la produzione firmata da Dino Jesulic stesso, con una mano da parte di Alessandro del Vecchio (che ben conosciamo) in fase di missaggio: a rompere la continuità sonora con l’hard rock 70s contribuisce una pulizia cristallina dei suoni che non stona e anzi rende il discorso musicale ancora più appetibile. Per finire, i fan dei Lynch Mob e del classico hard rock 70s non rimarranno certamente delusi; ma io credo che valga la pena tenere da conto questo disco per gli appassionati di tutti i generi, come ottima rinnovata rappresentazione di alcune linee musicali basilari per tutto quanto è venuto dopo e che in queste tracce trova nuova freschezza.

Nikki