Line up: Herbie Langans – vocals, Carsten Stepanowicz – guitars, Dominic Stotzem – bass, Andre Hilgers - drums.
Tracklist: Vagabond, Back to mad, Nightmares, Keep the flame alive, End of the world, The darker side, I believe, Save the best for last, Blind the enemy, From white to black, Striking back
I Sonic Haven sono una band tedesca capitanata da Herbie Langhans, teutonico singer già all’opera con numerosi act della scena power melodica tedesca quali Avantasia e Voodoo circle. Chiudo qui con le note dalla bio perché quanto è importante lo ho già detto (se volete però, curiosate per andare a vedere il resto, inclusi i trascorsi importanti degli altri membri); ovvero, intendo, parliamo di un esperto esponente della mai sopita vena power che viene dal cuore del nostro continente, e che intende procedere nel genere. Ecco, pragmatismo e mancanza di originalità ai nostri cugini teutonici non mancano mai, (lo dico per evitare troppi giri di parole) per cui chiediamoci semplicemente se il risultato vale l’ascolto, già conoscendo bene le coordinate musicali ove andremo a finire: e vi anticipo, nonostante alcuni svarioni (su cui torno dopo) il risultato è molto accattivante e gradevole, mostra capacità e classe dei suoi esecutori, e va a prendere esattamente dove serve per un ottimo lavoro di questo (sì, la parola corretta è “abusato”) genere nel 2021. L’album si apre con il riff molto aggressivo di “Vagabond”, utile a introdurci allo stile della band, che non disdegna un certo orientamento vicino al classic/heavy più ottantiano, scandito da numerose ritmiche dello stesso timbro, tra Saxon e Priest. Certo non mancano song più strutturate ed elaborate melodicamente, ma è su uno stile asciutto e diretto che la cifra stilistica della band è costruita, e grazie a tale stile la potenza vocale del singer riesce a esprimersi. Si vanno a cercare altri spunti, più melodici, in alcune tracks come la quasi conclusiva “From the black” ma sono eccezioni in una sequela ove lo stile è ben delineato sui canoni citati; non mancano gli svarioni di cui dicevo inizialmente, ad esempio scadere nella banalità di certe liriche (“Keep the flame alive” … ok … ) oppure forse il mancare la ricerca di un pezzo davvero più originale. Su questo ultimo punto, per chiarire, intendo dire che proprio dal lato più heavy, quasi thrash, mi sarei atteso una sorpresa in più, un pezzo che più attirasse l’attenzione, date le indubbie capacità tecniche ed esecutive dimostrate. Un discorso simile vale per la produzione, che è molto pulita e rende bene la potenza della band, ma non trova mai la combinazione giusta per davvero risaltare un pezzo. Sto chiedendo troppo? Non lo so, ma è l’osservazione che mi deriva dall’ascolto di questo disco, che comunque permane, ricordiamolo, di ottima caratura. Concludendo e riassumendo, questo è sicuramente un gran bel disco, scritto e suonato da ottimi musicisti, lo consiglio e certamente non annoierà neppure i patiti del genere; quanto ne traggo però è che con la dovuta focalizzazione questi ragazzi possono ulteriormente perfezionarsi e fare un lavoro ancora migliore in futuro. E finisco, ovviamente, dicendo che davvero conto di poter verificare la loro abilità live presto.
Nikki
Line-up: Arde Teronen – vocals, Jimi Välikangas – bass, Jiri Paavonaho – guitar, Niko Vuorela – guitar, Antti Hissa – drums
Tracklist: Thunder From The North, Long Ways Long Lies, T.O.T.C, Fallen Youth, Bad Bad Bad, What Is Dead Never Dies, Unholy Night, Heart Of A Warrior, You Better Run, If Only I Could, Something To Die For
E' sempre un piacere constatare che il buon hard rock, in questo caso anche strizzante l'occhio ad un certo street metal di stampo ottantiano, ma sempre e comunque graffiante e accattivante, faccia capolino sulla mia scrivania e quindi, poi, nel mio stereo (eh si.....io me li sento ancora con un “modesto” Hi-Fi gli album!!). Questo trattasi del terzo full lenght album degli ottimi rockers finlandesi Temple Balls e, in questo caso, il primo per la sempre attivissima label Frontiers Music srl. Dietro alla produzione di questo lavoro troviamo nientepopodimeno che Mr. Jona Tee (H.E.A.T.) che ha donato indiscutibilmente carattere, la giusta commerciabilità e tanto groove a “Pyromide”. Un disco che incalza song dopo song e si fa subito canticchiare con melodie ficcanti, ritmi a volte catchy, hook- lines e anthem rock songs. I nostri, tra l'altro, in questi cinque anni di attività hanno suonato in lungo ed in largo per il mondo arrivando anche in Ucraina e Giappone e hanno fatto da supporto a band altisonanti quali Deep Purple, Uriah Heep, Sonata Arctica. Sicuramente tutte queste esperienze live si riflettono anche nello spirito di questa band, nella loro musica che definirei un godurioso party hard'n'roll capace di galvanizzare anche un defunto. Non si riesce proprio a star fermi all'ascolto dell'opener 'Thunder From The North', pura anima street rock/metal scaturisce dalla bella ' T.O.T.C' e l'accoppiata ' Bad Bad Bad' e 'What Is Dead Never Dies' ci regalano eufonie commerciali ma anche ruffiane. Il ritornello di 'Bad...' poi non vi lascerà immuni e lo sognerete anche di notte; tutto il disco trasuda party rock, divertimento e atmosfere indubbiamente “Losangelene” di tempi oramai passati. Se volete godere senza pensare a nulla regalandovi del sano street/hard rock non dovete assolutamente perdervi questo “Pyromide”!
Roby Comanducci