Line up: Daniel Korn - vocals, songwriter, guitars, bass, piano.

Tracklist: Vampires, Sleep ain't paying my dues, House of cards, Colorado, Run Rabbit Run, Seashelled Heart

Devo ammettere di conoscere poco questo artista, come discografia ha pubblicato “Dancing With The Moon” Ep(2014), “Dancing With The Moon (Space Cats Version)” (2016) e “Run All Night” (2016), ma dopo aver ascoltato questo suo nuovo Ep “Sleep ain’t paying my dues”, sono rimasto ammaliato ed al tempo stesso sbalordito. Questo giovanotto di Stoccarda è già qualche anno (non molto però, nda) che ci delizia con i suoi dischi che trasudano il sound puro del blues rock americano, dei mille colori e profumi di quei posti, sonorità sì blues ma anche condite con spruzzate di folk, di indie rock; non sembra proprio che il nostro arrivi dalla “fredda Germania” ed invece è così, ma infatti molti dicono su di lui che è un caso a se, un artista eclettico e sognatore. Infatti nei testi delle sue song viene traslato tutto il suo vissuto per le strade di un'America nuda e cruda, un lungo viaggio da nord a sud di questo grande paese riportando, come in un prezioso riassunto, tutto in questo bellissimo Ep di solo sei tracce. Si parte con il pathos di 'Vampire', song magnetica e sicuramente figlia del miglior indie rock in circolazione. Da segnalare anche l'ottima interpretazione vocale del nostro che, pur non essendo un mago, riesce ad imprimere il giusto mood alle sue canzoni dandogli ulteriore carattere e spessore. La successiva è la title track, un bel pezzo di sano rock orecchiabile al punto giusto, dotato di un buon riff di chitarra saturo e mordente che coinvolge dal primo minuto sino alla fine. Sicuramente un brano molto radiofonico. Viceversa la successiva e semi-acustica 'House of Cards' nel suo incedere lento ci fa sognare e ci culla con atmosfere morbide e avvolgenti. Un pizzico di country rock spunta in 'Colorado', song allegra da ascoltare in buona compagnia davanti a un mega boccale di birra. Un blues più raffinato lo ritroviamo in 'Run Rabbit Run' che emerge per eleganza compositiva avendo anche la capacità di eccellere col suo portentoso feeling. Chiude questo ep il lento acustico 'Seashelled Heart', bell'esempio di folk rock con anche una buona interpretazione vocale di Daniel e quell'armonica che a tratti accompagna la sei corde e contribuisce a creare un momento di magica empatia con l'ascoltatore e rimanda al Boss ai tempi della E Street Band. Veramente un ottimo lavoro, cercatelo e fatelo vostro!! www.iamkorny.com

Roby Comanducci

Ago 17

GOTTHARD “#13”

Written by

 

 

Line up: Nic Maeder – vocals, Leo Leoni- guitars, Freddy Scherer – guitars, Marc Lynn – bass, Hena Habegger – drums. Flavio Mezzodi - drums (on tour)

Tracklist: Bad News, Every time I Die, Missteria, 10.000 Faces, S.O.S, Another last Time, Better than Love, Save the Date, Marry You, Man on a Mission, No time to Cry, I can say I´m Sorry, Rescue Me, No time to Cry (Demo Version), I can say I´m Sorry (Piano Version)

Cosa volete che vi dica ragazzi, per me parlare dei Gotthard è un vero tuffo nel cuore. Avevo conosciuto il magico Steve Lee e, comunque, adoravo la loro musica sin dagli esordi. Li consideravo, e li considero tuttora, uno dei migliori act nel music biz di sano hard rock. Ammetto che dopo la tragica morte del singer mi ritrovai spiazzato anche perché i Gotthard erano Steve Lee. L'uscita del postumo album “Firebirth” con il nuovo cantante mi lasciò con l'amaro in bocca; un discreto album ma troppo fotocopia e si sentiva la mancanza di Steve. Poi sono passati gli anni e ben quattro album sempre con la formazione originale e il nuovo singer che, ricredendomi, ha preso più che dignitosamente il posto di Steve. Nic Maeder è molto simile a Lee, lo potete sentire nella bellissima e suadente 'I can say I´m Sorry (Piano Version)' dove sembra effettivamente che sia lo stesso Lee a cantare anche se, lo ammetto, in questi anni è riuscito a ritagliarsi un suo preciso spazio e ascoltandolo bene la similitudine c'è ma dobbiamo rendergli atto che quel pizzico di originalità tutta sua c'è e viene percepita. Bene. Detto questo veniamo a questo nuovissimo “#13” che tra l'altro è proprio il tredicesimo album della band. Il suono è arrangiato molto bene, il songwriting è di livello e le composizioni sono tutte di medio alta qualità. C'è un'ottima prova dei due axe man Leoni-Scherer, la sezione ritmica sempre precisa e pulsante e, diciamolo, un'ottima prova del singer Nic. Come da tradizione la tracklist si suddivide tra momenti melodici e potenti hard rock song anzi, questo album propende più sul versante 'duro' rispetto a quello 'soft' come invece poteve essere per il (comunque bellissimo) “Human Zoo” (2003), tanto per fare un esempio. L'album parte con l'opener 'Bad News', classico hard rock senza fronzoli, accattivante e grintoso ma prosegue e si accende ancor di più con l'up tempo heavy rock 'Every time I Die', vera ed autentica perla. La terza 'Missteria' con l'inizio orientaleggiante e un ritornello accattivante si potrebbe candidare come vera radio hit se le nostre beneamate emittenti si decidessero a pompare un pò di vera musica hard e non le solite nu metal-crossover e/o female progressive metal band con cantanti che urlano in growl. Veniamo alla successiva '10.000 Faces', brano hard cadenzato ed ammiccante al punto giusto per giungere poi alla cover degli Abba, la bella 'S.O.S'. Si torna a rockare con 'Another Last Time' anch'essa impreziosita da ottimi riff ed un eccellente guitar work e si prosegue con 'Better Than Love' brano partorito in puro eighties style quindi solare, malizioso e abbellito da chorus line da vasto airplay. Leoni ci regala ancora un granitico riff di chitarra su 'Save the Date' supportato da una sezione ritmica pulsante. Ed arriva quindi il momento del -primo- lento, stiamo parlando della semi acustica 'Marry You' che Nic interpreta con maestria e ci regala un intenso pathos. Si ritorna al rock duro con la successiva 'Man on a Mission' che ricorda non poco i Whitesnake e si va avanti con l'eccelso heavy rock di 'No Time to Cry' che parte granitica per accelerare nel finale. Ottima. E' la volta della seconda ballad 'I can say I´m Sorry', intrigante e melanconica al punto giusto che poi lascia spazio all'originale 'Rescue Me'. Song dalla struttura armonica particolare, un rock molto intrigante, con cambi tempo interessanti e comunque una melodia di base forte che va a smussare il comunque sempre presente e graffiante guitar work. Le ultime due tracce sono una riedizione di 'No Time to Cry' versione demo e la stupenda e già menzionata all'inizio della recensione 'I can say I´m Sorry (Piano Version), un'altra vera e propria chicca. Cosa dire: i Gotthard non potevano sfornare un album migliore. Acquisto obbligato!!!

Roby Comanducci