Roberto

Roberto

Set 09

VANDENBERG “2020”

 

 

Line up: Adrian Vandenberg – guitars, Ronnie Romero – vocals, Rudy Sarzo – bass, Brian Tichy – drums

Tracklist: Shadows of the Night, Freight Train, Hell and High Water, Let It Rain, Ride Like The Wind, Shout, Shitstorm, Light Up The Sky, Burning Heart – 2020, Skyfall

Ma guarda guarda cosa mi viene sottomano.....nientepopodimeno che il nuovo album di Mr. Vandenberg, il bravo guitar hero olandese in auge dal lontano 1982 con la sua omonima band, appunto, ma noto al pubblico a livello mondiale per il suo prezioso contributo al mitico “1987” degli Whitesnake ed al suo successore “Slip of The Tongue” per poi tornare in casa Coverdale nel 1997 e suonare nell'ottimo “Restless Heart”. Ma, ovviamente, il 66enne in questione è un artista, chitarrista, compositore, songwriter d'eccezione e ricordarlo “solo” per i Whitesnake è comunque limitativo. Mille collaborazioni ma c'è da valorizzare anche e soprattutto il suo esordio con la sua band, i Vandenberg, che partorirono tre album in studio tra il 1982 e l'85. Album eccezionali ai quali il nostro biondo axe man vuole tornare e quindi ha ben pensato di ricreare la sua creatura con una line up tutta nuova e di rispetto: Ronnie Romero (Rainbow, Coreleoni...) alle vocals, il grandissimo Rudy Sarzo (Ozzy Osbourne, Whitesnake, Quiet Riot) al basso e Brian Tichy (Slash, Ozzy Osbourne) on drums. Con tutto questo “spiegamento di forze” Adrian ha confezionato il nuovo disco dei Vandenberg esattamente dopo ben 35 anni!!! Veniamo al full lenght album e vediamo di che “pasta” è fatto. Indiscutibile la tecnica, la perizia e l'accuratezza dei musicisti come anche il granitico ma al contempo sempre melodico hard rock da sempre marchio di fabbrica dello stile di Adrian. Ci sono molte reminiscenze di Rainbow e Whitesnake e, soprattutto, dell'hard rock che ha spopolato lungo i mitici eighties. ' Shitstorm' è senza dubbio puro retaggio Whitesnake dall'arrangiamento alla voce di Romero che “scimmiotta” il grande Coverdale, viceversa fanno capolino i Rainbow nel cadenzato hard rock di 'Hell and High Water'. Un tagliente heavy rock caratterizza l'opener 'Shadows of the Night' ed ancora più pulsante è la seguente ' Freight Train' che faranno la gioia degli estimatori di quel tipico sound ottantiano. Interessante la riproposta 'Burning Rain' bellissima song presente nel debut album ed anche la conclusiva 'Skyfall' che parte lenta per svilupparsi su un heavy rock corposo ed energico. Da parte sua Adrian ci regala preziosi solos di chitarra ma senza strafare ed il lavoro d'insieme di questo “2020” è valido; unica pecca (che poi per molti potrebbe essere un valore....dipende dai punti di vista) è il suono che non ha beneficiato di alcun particolare arrangiamento moderno dando al prodotto un forte aspetto retrò, sembra infatti che il disco non sia stato partorito quest'anno, bensì interamente negli ottanta quando invece (e ve lo dice un fanatico degli eighties, nda) qualche accorgimento attuale avrebbe donato al disco più freschezza e vitalità. Gli stessi veterani Whitesnake, pur suonando la medesima musica da anni, hanno “modernizzato” il sound per renderlo più appetibile anche ai fans più giovani oppure nuovi ed eccellenti acts come gli Inglorious -dediti ad un sound a cavallo tra '70 e '80 – nei loro dischi hanno comunque il brio delle produzioni attuali. Ma questo starà a voi decidere se definirlo un bene o un male. Come conclusione posso solo dirvi che “2020” vale indubbiamente la vostra attenzione.

Roby Comanducci

Set 24

PARALYDIUM “Worlds Beyond”

 

 

Line-up: John Berg – guitars, Georg Härnsten Egg – drums, Jonathan Olsson – bass, Mikael Blanc – Keyboards, Mikael Sehlin - vocals

Tracklist: Enter Paralydium, Within The Sphere, Synergy, Finding The Paragon, Crystal Of Infinity, Awakening, The Source, Into Divinity, Seeker Of The Light

La Svezia, ammettiamolo, in questi ultimi anni la sta facendo da padrone o perlomeno è un'autentica fucina di talenti musicali, un pò come lo era Los Angeles nella seconda metà degli eighties o l'Inghilterra tra fine settanta e prima metà anni ottanta. E sto parlando di svariati generi; street, sleaze, glam, black, death, heavy e quindi anche progressive e symphonic metal. Parlando appunto di questi ultimi due generi appena citati vi presento il quintetto in questione che dopo cinque anni dell'ep d'esordio ci regala questo bellissimo debut album. Ammetto che mi ero un poco allontanato in questi anni da questo genere musicale poiché avevo trovato troppi, parecchi cloni, stilemi sempre uguali, iper tecnicismi esasperati oppure tentativi di pseudo-innovazione sterili e stantii già dalla nascita. Caso vuole, la sempre attivissima e attenta Frontiers, nel gruppo di album del mese di giugno ha inserito questi Paralydium: bene, ho dato un'occhiata alla product information, e l'impressione è stata subito buona ma, attenzione, dovevo ascoltare il suono!!!! Ero indeciso se passarlo al buon Nikki (altro recensore di Cathouse, nda) che magari è più interessato al genere ma ho voluto darmi una chance. Ok. Primo ascolto, secondo ascolto, terzo ascolto......mi sono tolto le cuffie e ho detto: finalmente qualcosa di diverso!!!!! Quindi eccomi qui a scrivervi due righe su questo sacrosanto album “Worlds Beyond”. Il sound rientra nel genere prog metal ma prende spunto da momenti epici, altri pomposi e soprattutto sinfonici con anche punte di heavy rock taglienti e un connubio guitar – keyboards work da dieci e lode. Ma la cosa bella di questo disco è che suona nuovo, fresco, le sinfonie non sono stucchevoli, non sono i soliti giri ai quali ci hanno abituato decine di bands del settore in questi anni. L'arrangiamento e la struttura musicale dei brani sono architettati in modo che anche i sette minuti e mezzo della lunga e fantastica 'Synergy' scorrano via in un batter d'occhio e si abbia subito la voglia di riascoltarla. Symphony X e Dream Theater hanno sicuramente influenzato questi ragazzi ma il qui presente album si discosta molto anche dalle suddette band. Nove tracce di cui due che fungono da intro. Infatti l'opener 'Enter Paralydium' nei suoi due minuti di pompous sound sembra la colonna sonora di un film fantasy e ci prepara già all'ammaliante 'Within The Sphere' che unisce l'aggressività di metallici riff di chitarra ad un sound symphonic rock da antologia. 'Synergy', come scritto sopra, scorre via veloce nonostante la lunghezza e ci regala un'ottima prova vocale del bravo Mikael senza contare le perizie tecniche di tutta la band che arrivano addirittura tra i vari cambi tempo e “duelli” guitar-keyboards a proporci un breve solo di chitarra acustica su una base sempre hard per poi ripartire veloci. Un brano che potrebbe far parte del repertorio degli immensi Kansas se solo suonassero più heavy. Penso che scomodare i Kansas sia il punto massimo e credo ci sia poco da aggiungere poiche tutte le song presenti sono di altissimo livello e soprattutto molto originali e differenti l'una dall'altra, evitando anche il ritrito effetto concept album che sovente capita in questo tipo di musicalità. Una piacevole sorpresa che dovrete fare vostra al più presto!!!

Roby Comanducci

Set 22

ONE DESIRE "Midnight Empire"

 

 

Line-up: Jimmy Westerlund – guitars, André Linman – lead vocals, Ossi Sivula – drums, Jonas Kuhlberg – bass guitar

Tracklist: Shadowman, After You’re Gone, Down And Dirty, Godsent Extasy, Through The Fire, Heroes, Rio, Battlefield Of Love, Killer Queen, Only When I Breathe

La band finlandese del batterista-fondatore Ossi Sivula nacque nel 2012 ma solo dopo diverse vicissitudini ed assestamenti di line up pubblicò l'omonimo debut album nel 2017. Da allora sono passati tre anni e ci troviamo fra le mani il nuovissimo full lenght album 'Midnight Empire'. Il quartetto non si smentisce e dopo il buon esordio ammetto che ce l'hanno messa tutta per confezionare questo bel prodottino dedicato ad un sound assolutamente accattivante: orecchiabile al punto giusto ma mai troppo edulcorato, heavy rock nei momenti più duri, ma forte di chorus line pompose ad alto effetto scenico e -spesso- molto radio-oriented. Il gustoso mix musicale dei nostri è un Fm rock con accenni hard e qualche sprazzo Aor. Se vogliamo, potremmo accostarli ai bravi (anche se leggermente più hard oriented) Eclipse ed il pregio che assaporiamo maggiormente è il gustoso 'pop' emanato in certe partiture che viene però stemperato da pregevoli e taglienti heavy riff di chitarra. Ascoltatevi l'hevy rock con tinte pop della ruffiana “Godsent Extasy” ma anche l'eufonico Fm rock della bella 'After You’re Gone'. Se volete invece un hard rock di classe ecco per voi l'intrigante 'Killer Queen' mentre l'adrenalina la troverete indiscutibilmente nell'opener 'Shadowman' con tanto di intro che poi si sviluppa in un granitico heavy rock sound. In definitiva un bell'album, senza particolari cadute di tono e capace di mantenere alto l'interesse con la pomposità del sound sapientemente dosata fra momenti easy listening ed altri più sostenuti. Bravi.

Roby Comanducci

Set 30

LARKIN POE “Self Made Man”

 

 

Line up: Rebecca Lovell – vocals, electric & acoustic guitars, mandolino, banjo, piano, Megan Lovell – vocals, lap steel guitar, slide guitar, Tarka Layman – bass, Kevin McGowan – drums

Tracklisting: Self Made Man, Holy Ghost Fire, Keep Diggin’, Back Down South (feat. Tyler Bryant), Tears of Blue to Gold, God Moves on the Water, Every Bird That Flies, Scorpion, Danger Angel, Ex-Con, Easy Street

Ma guarda che bella sorpresina il nuovo album delle sorelline Lovell. Ragazzi....noi che siamo abituati a rockettari e metallari ma anche rudi blues man et similia, alla vista di questi due bei faccini che sembrano appena usciti da un telefilm per teenagers beh tutto potrebbe farci pensare fuorché il massiccio roots rock che le signorine qui presenti ci scodellano senza indugiare troppo. E il loro curriculum non è da poco: iniziarono molto giovani suonando bluegrass sotto un altro moniker e quindi girando e suonando in lungo ed in largo per festival folk, country, rock e blues in America. Nel 2010 fondarono la band Larkin Poe e quindi da allora sei sono stati gli album (compreso un live) che hanno partorito. Inutile citare la preparazione tecnico-compositiva del duo e, visto che ci siamo, diamo un bel voto anche alla sezione ritmica della band. Questo nuovo “Self Made Man” è accattivante in quanto miscela le basi e quindi dell'ottimo roots rock col blues e l'hard blues iniettando ogni tanto piccole ma gustose dosi di folk, soul e country rock. Ed è proprio col brano forse più 'hard' che le nostre partono; la potente e graffiante title track dotata di un riffing saturo e compresso che ci da una forte carica di energia e viene impreziosito anche da un breve ma gustoso solos di chitarra. 'Holy Ghost Fire' torna ad un rock più morbido ma intrigante al punto giusto e sempre venato da una base blues di tutto rispetto. Molto particolare 'Keep Diggin' per il guitar work, le chorus line delle due sorelle, la sezione ritmica ed i cori soul che impreziosiscono il tutto. Si va avanti con l'ottimo hard blues di 'Back Down South' mentre si cambia ritmo con il rock leggero e mainstream di 'Tears of Blue to Gold', sicuramente ottimo pezzo radiofonico per le emittenti americane. 'God Moves on the Water' è un magnetico blues con tinte soul che ammalia al primo ascolto mentre 'Every Bird That Flies' è più lenta (non è una ballad attenzione, nda) con un ritmo cadenzato, magnetico e ricco di pathos con un ottimo lavoro di slide guitar. 'Scorpion' torna a rockare ma rimane su un livello gustosamente commerciale con quel suo riff/ritornello molto retrò. 'Danger Angel' è un'altra prova (eccellente) di blues rock per poi arrivare alle due tracce finali, 'Ex-Con' dedita ad un folk rock grazioso e 'Easy Street' in puro country rock style. Nulla da eccepire, ottima band e disco da avere sicuramente nella vostra collezione.

Roby Comanducci

Set 29

TINSLEY ELLIS “Ice Cream In Hell”

 

 

Line up: Tinsley Ellis – guitars, vocals, Kevin McKendree organo, piano, rhythm guitar, Steve Mackey – bass, Lynn Williams – drums, percussion, Jim Hoke – sax, Quentin Ware, trumpet.

Tracklist: Lat One to Know, Don't Know Beans, Ice Cream in Hell, Foolin' Yourself, Hole in my Heart, Sit Tight Mama, No Stroll in the Park, Evil Till Sunsire, Everything and Everyone, Unlock my Heart, You Love's Like Heroin

Per il qui presente arzillo sessantenne di Atlanta ci sarebbe molto da dire musicalmente parlando; iniziò nel 1981 con una band i Heartfixers coi quali incise tre album per arrivare quindi al suo debutto come solista nel 1988 con “Georgia Blue” e dopo trent'anni eccolo ancora qui, più in forma che mai col suo diciassettesimo full lenght album (da solista) “Ice Cream In Hell”. Il sound proposto è un classicissimo blues rock, con alcuni passaggi hard blues e tanta slide guitar, tanto feeling e un lodevole supporto di sezione ritmica e soprattutto sezione fiati! Il mito di Ellis è sempre stato BB King e lo sentirete molto bene ascoltando le tracce del disco. Si passa da goduriosi momenti elettrici di hard blues al pathos dello slow blues; parlando di slow blues ascoltatevi con le cuffie e a luce soffusa l'ammaliante 'Hole In My Heart' sentirete un lavoro di chitarra eccelso coadiuvato da fiati e piano. Ma c'è tempo anche per fare quattro salti con volume a palla e quindi consigliamo spassionatamente il veloce groove dell'hard blues 'Sit Tight Mama' oppure l'allegria sprigionata dal rock'n'roll bluesato di ' Unlock my Heart'. Coinvolgente e quasi con un ritmo caldo e “latino” che rimembra il mitico Santana è la bellissima 'Everything and Everyone', ma in definitiva tutti i brani presenti sono degni di nota. Questo è un sacrosanto e stra-classico album di blues rock, senza contaminazioni o innovazioni particolari; la musica di sempre, la musica che sembra sempre uguale in ogni brano, in ogni album e che invece è il fluido vitale ed intramontabile della vita. Bravo Tinsley!

Roby Comanducci