Line up: Sami Yaffa – vocals, bass, Janne Haavisto – drums, Rich Jones – guitars, Christian Martucci – guitars, Rane Raitsikka – guitars, Timo Kaltio - guitars

Tracklist: Armageddon Together, Selling Me Shit, Fortunate One, Rotten Roots, Germinator, Down At St. Joe’s, I Can’t Stand It, You Gimme Fever, The Last Time, Look Ahead, Cancel The End Of The World

Bene, anche se con “leggero” ritardo, sono qui a recensire la nuova -e prima come disco solista- uscita discografica del leggendario sami Yaffa, bassista e qui anche vocalist conosciuto ai più per i suoi trascorsi con Michael Monroe e soprattutto Hanoi Rocks (senza dimenticare la prolifica carriera con Demolition 23, New York Dolls, Jerusalem Slim, Joan Jett e tanti altri.....nda!!). A ben 58 anni il nostro ci regala -come detto prima- il primo disco solista; è lo fa nel migliore dei modi, con maestria, classe, energia e quella sfrontata schiettezza stradaiola che da sempre ha contraddistinto il suo songwriting. Su questo “The Innermost....” c'è una miscela di rock, street and sleaze rock, punk ed anche accenni funky e reggae, il tutto però arrangiato con un suono moderno e un groove al passo coi tempi odierni. Su tutto fa da padrone l'importante guitar work degli axe man presenti che hanno dato la carica giusta alle song iniettandole con un suono più “sporco” e saturo, sicuramente in linea con le produzioni più attuali. Se volete capire il “tiro” di questo album basta che ascoltiate direttamente la bellissima “The Last Time”, potente rock'n'roll con una saturazione del guitar work che rende il suono marcato e viscerale. Oppure la veloce e punk oriented “Selling Me Shit” che, a sorpresa, fa uno stacco pseudo-reggae nella parte centrale della song per poi ripartire velocissima. Originale, nulla da dire! Altro brano d.o.c è “Fortune One” che ci rimanda direttamente a casa Hanoi Rocks. In definitiva un ottimo album, suonato con grande capacità da un personaggio che ha regalato tantissimo al modo rock'n'roll e sembra, per fortuna, non abbia la minima intenzione di andare in “pensione”. Lunga vita a Sami e lunga vita al true rnr!

Roby Comanducci

 

 

 

 

Line up: Myles Kennedy - vocals, guitars, Zia Uddin – drums, Tim Tournier - bass

Tracklist: Get Along, A Thousand Words, In Stride, The Ides of March, Wake Me When It’s Over, Love Rain Down, Tell It Like It Is, Moonshot, Wanderlust Begins, Sifting Through The Fire, Worried Mind

Il polistrumentista nonché singer degli Alter Bridge ma anche Slash & The Cospirators torna alla prova del secondo album da solista a breve distanza (2018) dal primo “Year of The Tiger”. Purtroppo questa recensione ho potuto scriverla solamente ora in quanto il suddetto album è in mio possesso da pochissimo tempo anche se l'uscita risale a metà 2021....ma tanté, mi cospargo il capo di cenere e snocciolo la massima “meglio tardi che mai”. Lasciando perdere le battute veniamo dunque a questo full lenght album del bravo Myles che, come ci ha abituati ormai da anni, sfoggia un'ottima interpretazione vocale, il punto forte del disco, e si diletta non poco anche con la sei corde cesellando graziosi riff e pregevoli solos. Siamo dunque al cospetto di un album di chiara impostazione blues rock con iniezioni di passaggi hard e anche atmosfere a volte country rock e persino jazz. Ma, in definitiva, è l'hard blues a farla da padrone per questo “The Ides Of March” senza dimenticare alcune “strizzate d'occhio” ad una certa west coast music di classe. Un album assolutamente godibile in ogni sua parte e capace di regalare momenti energici quanto ammalianti: superlativa la lunga (sette minuti e mezzo) title track dove il nostro si destreggia in un mix sonoro caro al grande Santana! Lodevoli i momenti “wild” con una slide guitar in gran spolvero come su “In Stride” oppure il grande pathos della conclusiva “Worried Mind”. Un disco sicuramente interessante, valido e suonato con maestria.

Roby Comanducci