STORACE: il leggendario vocalist svizzero esce con il nuovo album!
La band della leggenda del rock svizzero Marc Storace annuncia l'uscita del loro attesissimo nuovo album in studio, "Crossfire", la cui uscita è prevista per il 22 novembre 2024 tramite Frontiers Music Srl. Il nuovo singolo e il video ufficiale di accompagnamento, "We All Need The Money", sono ora disponibili.
STARCHASER: nuovo singolo per la melodic metal band svedese!
La band svedese di melodic metal Starchaser condivide il suo nuovo video con i testi di "Who Am I", tratto dal loro attesissimo secondo album in studio, "Into The Great Unknown", in uscita il 15 novembre 2024 tramite Frontiers Music Srl.
STRYPER “When We Were Kings”
STRYPER
“When We Were Kings”
(Frontiers Music s.r.l.)
release: 13 - 09 - 2024
genere: heavy metal / christian metal
voto: 4
Line up: Michael Sweet - lead vocals, lead & rhythm guitar, Robert Sweet - drums, Oz Fox - lead & rhythm guitar, vocals, Perry Richardson - bass, vocals
Tracklist: End Of Days, Unforgivable, When We Were Kings, Betrayed By Love, Loves Symphony, Trinity, Rhyme Of Time, Raptured, Grateful, Divided By Design, Imperfect World
Nuova fatica discografica per gli iconici Stryper che celebrano il 40° anniversario (14° studio album), guidati dai fratelli Michael e Robert Sweet (riconosciuti tra i fondatori della corrente christian metal). Il gruppo torna sulle scene con un disco potente, evocativo ed elegante, votato in modo abbastanza consistente alle tonalità maggiori e ad una certa epicità, ma non mancano i momenti più sofferti ed introspettivi, arrivando anche a sonorità “cattive”... e non mancano neanche alcune influenze e riferimenti: la consueta mescolanza di colori e sensazioni della band americana (sullo sfondo di concetti ispirati a testi biblici e vangeli). Il set si apre con “End of Days”, intro sincopata in half-time (batteria) con influenze alla Yngwie Malmsteen (tornerà negli intermezzi, con doppia cassa), successiva apertura in una veloce “corsa epica” (appunto) in stile Helloween (e altri brani passati degli stessi Stryper), con ritornelli “ariosi”: assolo in tre parti, lirico, virtuoso e poi intrecciato tra le due chitarre verso l’ultimo ritornello, chiusura finale con passaggio che richiama la intro. Proseguiamo con “Unforgivable”, brano di media velocità carico di malinconia e solennità (a conferma del titolo) che si apre con degli stacchi delle chitarre su accordi aperti, per proseguire con la classica struttura strofa-ponte-ritornello per due volte, di nuovo stacchi (raddoppiati), viaggio negli assoli dialoganti delle chitarre, special, ritornello finale e chiusura. Si passa poi alla title track, “When We Were Kings”, in cui troviamo una continua alternanza tra strofa e ritornello, tonalità minore / maggiore, che crea un contrasto di impatto tra i momenti “del racconto”, assolo centrale e sezione finale: il pezzo segna l’inizio di una sorta di sequenza in cui sono presenti diversi “scenari” ballad e power ballad (circa la metà del materiale musicale), come la successiva “Betrayed By Love”, melodiosa e suadente, per quanto il contenuto sia nostalgico e struggente, con intro di chitarra acustica che apre poi tutto il flusso musicale, batteria suonata quasi “indietro” che ti tiene incollato all’ascolto e coadiuvata dal resto degli strumenti, un trasporto dall’inizio alla fine. “Loves Symphony” parte con degli stacchi suonati e cantati insieme, con uno stile e una carica che sembrano quasi alternative rock/punk-rock (alla Phil X & The Drill), per continuare poi il consueto binomio minore (strofe) e maggiore (ponti/ingressi + ritornelli, i quali sono più sinfonici, come dice il nome del brano stesso), intermezzo di nuovo minore, sincopato, e molto “heavy”, lungo assolo (sempre dialogato tra le chitarre), ritornello finale e chiusura come l’interemezzo. Al centro del disco, si trova la potentissima “Trinity” (in cima alle mie preferenze), in cui sento un ingresso alla Europe (modern era), intro/intermezzi alla Megadeth (la parte hard rock dei californiani), batteria con lontana ispirazione alla Portnoy e il resto “Stryper Factory”, struttura standard verse-bridge-refrain, in cui il ritornello risulta molto sostenuto per via del groove di batteria in controtempo (seguito dal resto dei musicisti): successivamente arriva un intermezzo in half-time (vagamente Whitesnake), prima dello “speed solo” (sempre in stile Megadeth), di nuovo il bridge e l’ultimo ritornello, raddoppiato, chiude questo “hot piece”. Incontriamo il bellissimo singolo “Rhyme Of Time”, allo stesso tempo “lamentoso e sognante”, velocità medio-lenta, batteria dal tocco “poetico”, intreccio delle chitarre nella intro (una portante che torna nei ritornelli, e una che anticipa il tema vocale, riferito sempre al ritornello), tonalità minore che cambia in maggiore unicamente nell’assolo, un altro brano che trasporta l’ascoltatore, ma in un mood più cupo. Altra traccia, altra alternanza minore-maggiore per “Raptured”, in questo caso una sensazione “bluesy”, con influenze Deep Purple / Gotthard (e nella vocalità un po’ Europe / Malmsteen / Michael Vescera), sospesa e spigolosa, verso il ritornello arioso e “classicistico”, in un susseguirsi lineare. Con l’avvolgente “Grateful” torniamo invece alle ballad, uno stile che ricorda l’alternative rock ma anche le stesse ballad hard rock (di nuovo Whitesnake, nel periodo recente, ma si potrebbero fare vari nomi...), semplice, “morbida” e di impatto. Penultima traccia, (assimilabile ad un) half-time, hard rock consistente che arriva dritto in faccia per “Divided By Design” (ancora influenza Europe contemporanei), dopo la metà vede un cambiamento radicale del groove, passando da half a standard/double con successiva aggiunta del doppio pedale / doppia cassa in concomitanza degli assoli, per poi tornare alla struttura iniziale e concludere. “Imperfect World”, unico brano dal tempo composto (“terzinato”), chiude il disco in modo pieno e “debordante”, con una certa epicità, per ribadire il consueto pensiero, anche in un “mondo imperfetto”... e non può mancare il dialogo tra le chitarre, negli assoli, in classico stile botta e risposta alla Iron Maiden: dettaglio interessante, l’effetto di leggero phaser sulla voce prima dei ritornelli. Arrivati alla conclusione, si può dire che i musicisti abbiano dato nuovamente il meglio di sè, come di consueto, (compresi i musicisti aggiuntivi, Paul McNamara alle tastiere/organo/synth e Charles Foley con Keith Pitmann per cori e voci secondarie): una nota particolare sul basso, che appare leggermente meno in primo piano rispetto al passato (per quanto non sia una sua prerogativa principale), ma è comunque ben presente, denso e riconoscibile dai molti abbellimenti. Composizione buona, begli arrangiamenti musicali e di produzione (affidata a Michael Sweet), esecuzione impeccabile, mixaggio e finalizzazione perfetti (un grande plauso agli audio engineers), realizzazione come sempre di alto livello: copertina evocativa, biblica, mistica (un altro marchio di fabbrica Stryper). Prodotto che “arriva” agevolmente da subito, ma con più ascolti si apprezza ulteriormente. Decisamente promosso... e anche questa volta... “siamo stati guariti” (Isaia 53:5)
Fra "ZMG"
ECLIPSE “Megalomanium II”
ECLIPSE
“Megalomanium II”
(Frontiers Music s.r.l.)
release date: 20 -09 - 2024
genere: rock, pop rock, hard rock
voto: 3.5
Line up: Erik Mårtensson – vocals, Magnus Henriksson – guitars, Philip Crusner – drums, Victor Crusner – bass
Tracklist: Apocalypse Blues, The Spark, Falling To My Knees, All I Want, Still My Hero, Dive Into You, Until The War Is Over, Divide & Conquer, Pieces, To Say Goodbye, One In A Million
Gli Eclipse, realtà formatasi a Stoccolma nel 1999 dalle menti di Erik Mårtensson voce e chitarra ritmica e dal batterista Anders Berlin (poi uscito dalla line up nel 2004) sono arrivati dunque al pregevole traguardo del decimo album in studio. Inutile ammettere che il loro sforzo, la loro caparbia, l'accuratezza del songwriting ma, soprattutto, la grande, grandissima capacità di creare song dal gusto radiofonico con una zuccherosa verve pop miscelata a riff di chitarra ficcanti e refrain da antologia, hanno contribuito a consacrarli come una delle hit-band più valide del nostro beneamato panorama rock oltre 100 milioni di stream stanno a dimostrare quanto appena scritto, nda!). I loro album hanno sempre avuto la capacità di conficcarsi nella testa degli ascoltatori e i loro singoli, ne citerei uno che adoro "Viva La Victoria" o ....... hanno saputo far ballare e divertire migliaia di persone; questo sicuramente è un dono, poiché è sì facile fare song commerciali, il difficile è farle bene, fare in modo che dopo il primo ascolto una persona passi tutto il giorno a canticchiare il ritornello, questa è la grande qualità che - sovente - manca alla maggioranza delle band attualmente in circolazione. Ovviamente stiamo parlando di hard rock, pop rock et similia. Eccoli quindi con il nuovo e fiammante album "Megalomanium II" a circa un anno da "Megalomanium"; si potrebbe dire che questo disco segue un pò la linea del precedente ma, se valutiamo il loro stile, un pò tutti i full lenght albums di Martesson e soci hanno le medesime caratteristiche, che sono quelle citate dal sottoscritto prima, altrimenti non sarebbero gli Eclipse! L'album quindi parte subito bene con l'accattivante refrain di "Apocalypse Blues" e rimane saldo su questi ritmi con la successiva "The Spark". "Falling to my Knees" scorre via senza infamia e senza lode per traghettarci a "All I Want", pop rock song dal taglio commerciale e dal ritmo gradevole che anticipa la più lenta (ma non è una ballad) "Still My Ero" e poi la vera ballad "Dive Into You", song dal buon appeal ma che non riesce a lasciare il segno. Si riparte con un ritmo più sostenuto - ma sempre molto melodico soprattutto nelle chorus lines - con "Until The War..." per poi rockare con maggiore intensità con "Divide Conquer", sanguigna e pomposa hard rock song che farà battere il piedino e scapocciare qualche fans nel salotto di casa. "Pieces" è una buona rock song ma non eccelle in originalità mentre "To Say Goodbye" e una sorta di semi ballad, molto radiofonica che - una volta - avremmo detto "adatta al mercato Americano".... ma ahimè, affermazione che la vedo assai dura visto come sta evolvendosi il music world. "One in a Million" chiude l'album con del buon (hard)rock egregiamente suonato e arrangiato. Bene, siamo quindi arrivati alla fine e mi sento di promuovere quest'ultima fatica della band svedese anche se, nell'insieme, sento la mancanza della vera hit, del brano che si incolla ai timpani e non va più via.....una sorta di "Saturday Night"....tanto per intederci ma, comunque, mi sento di consigliarlo ai -tanti- fans della band sparsi per il mondo.
Roby Comanducci