Line-up: Geoff Tate - vocals, Aldo Lonobile - guitars, Luigi Andreone - bass, Antonio Agate - keys, Michele Sanna - drums

Tracklist: Once Again One Sin, Strong Pressure, Let It Be, Another Change, Wake Up Call, Remember Me, Anybody Out There, Aria, I'll Be The One,Fly Angel Fly

Il lavoro che vi presento oggi è un risultato assolutamente eccezionale per la scena Hard’n Heavy italiana, il ritorno degli Sweet Oblivion, la band ove milita il leggendario Geoff Tate, un nome che non necessita di presentazioni per i vecchierelli come me, ma per chi avesse bisogno di un aiuto (suvvia, non c’è niente di male) si tratta dell’ex vocalist dei Queensryche, band che ha toccato il suo apice compositivo con Operation Mindcrime e… il resto sarà un piacere scoprirlo da voi. In questo progetto il singer è stato coinvolto con diversi musicisti di primo piano del nostro paese, ma il mastermind dell’operazione è stato Simone Mularoni dei DGM, all’opera alle chitarre e al songwriting nel precedente omonimo esordio della band; lavoro che ha riscosso un ottimo successo che ha portato alla produzione di questo secondo lavoro, dove la band cementa le proprie fondamenta con la partecipazione più attiva degli altri membri alla composizione, incluso un elemento di talento cristallino come Mr. Tate. Dopo la lunga ma dovuta presentazione, veniamo a cosa troverete nel disco. Innanzitutto direi che il pensiero rivolto ai Queensryche che può venire pensando al nome del cantante sicuramente non svanisce dall’ascolto delle tracce, anzi; sarebbe però ingiusto limitare a questo il giudizio. Sbagliato negare che i songwriter di questo album non abbiamo pensato di far riecheggiare tra le tracce il riffing della musica che ha reso celebre Mr. Tate (e tra i songwriter c’è lui stesso) ma il risultato si fa ascoltare in modo molto fluido, riproponendo il genere in modo piacevole e originale senza far cadere il platter nel citazionismo fine a se stesso (visto altrove semmai …). Lo stile di metal classico che alterna riffeggio pesante senza ritmi da cavalcata, strutture maestose, efficace sfruttamento della meravigliosa voce di Geoff si alterna a splendide ballad (“I’ll be the one”) e in generale propone una serie di song molto caratterizzate, atte a costruire un continuo musicale interessante e accattivante. Non ci si stanca a riascoltare il disco, magistralmente suonato, come è giusto che sia, e prodotto in modo molto pulito e cristallino, decisamente moderno e senza cedere alla tentazione di cercare di rinverdire i (soliti) fasti 80s. Un lavoro strumentale decisamente ben fatto, che si suona perfettamente complementare alla linee vocali; se vogliamo davvero criticare, io credo che sia proprio la voce di Tate ad andare spesso a cercare e trovare vocalizzi tipici della sua band più famosa. D’altra parte, questo sembra il modo migliore di valorizzarla, e nel bilancio del disco ha un valore positivo. Non aggiungo altro. Si tratta di un’ottima band che sicuramente merita attenzione, indipendentemente dalla provenienza dei suoi musicisti. Buon ascolto

Nikki

 

 

Apr 18

 



Line up: Adrian Smith – guitars, vocals, keyboards, Richie kotzen – guitars , vocals, keyboards and drumkit. Guest artists: Tal Bergman – session drummer and special quest Nicko McBrain - drums

Tracklist: 'Taking My Chances', , Running, Scars, Some People, Glory Road, Solar Fire, You Don’t Know Me, I Wanna Stay, ‘Til Tomorrow

Una bella sorpresa questa al stars band formata da un eccelso duo di autentiche 'pietre miliari' del music world: Adrian Smith, storico guitar man degli Iron Maiden e il guitar hero Richie Kotzen, Poison, Mr.Big, ma soprattutto una folgorante carriera solista con mille collaborazioni e album fantastici (non per ultimo il superlativo triplo cd “50 For 50” uscito l'anno scorso, nda). Il sottoscritto si è avvicinato a questo album con molta curiosità (visto e considerato il mio smodato amore per il guitar working e gli artisti della sei corde!) e volevo testare cosa avessero potuto partorire due menti così brillanti: beh, il risultato è sicuramente appagante e in linea con le aspettative. Un autentico album di sano hard rock venato da forti tinte blues che accarezzano il passato riproponendoci atmosfere calde ed ammalianti con però una piccola punta di modernismo che non guasta mai. Proprio bravi, anche a livello vocale oserei dire; su Kotzen già sapevo, ma sentire bene il buon Adrian solista che sfoggia una timbrica elegante e armonica al punto giusto è stata una sorpresa. Le nove tracce presenti in questo debut self titled album incollano l'ascoltatore alla sedia e non lo liberano finché il suddetto non schiaccerà il tasto stop dello stereo. Energia, grande pathos, calde eufonie nei brani più blues oriented ma anche tanta grinta nelle partiture più heavy rock come 'Solar Fire' o la bellissima opener 'Taking My Chances'. Come non amare l'hard blues di 'Scars' che rimanda molto ai seventies e a un certo signore dal nome Glenn Hughes oppure gustarsi la più moderna e conclusiva rock song 'Til Romorrow'. Un album da ascoltarsi tutto d'un fiato e alla fine, bersi una birretta e schiacciare nuovamente play!

Roby Comanducci