Roberto

Roberto

Lug 19

SUPERSUCKERS “Play That Rock'n'Roll”

 

 

Line up: Eddie Spaghetti - lead & harmony vocals, acoustic guitar, bass, Marty Chandler - lead guitar, backing vocals, Chris Von Streicher – drums & percussion, backing vocals

Tracklist: Ain’t Gonna Stop (Until I Stop It), Getting Into Each Other’s Pants, Deceptive Expectation, You Ain’t The Boss Of Me, Bringing It Back, Play That Rock ‘ Roll, That’s A Thing, Last Time Again, Die Alone, Dead, Jail Or Rock N’ Roll, A Certain Girl, Ain’t No Day

Bene ragazzi, eccoci di fronte a questo nuovo full lenght album dei cinque rockers di Tucson, Arizona. I signori in questione sono in auge dal 1988 e di dischi ne han fatti ben undici più svariati live ed altro ancora. Non sono di primo pelo quindi. E' un periodo strano questo, di dischi come questo “PlayThat Rock'n'Roll” non ne arrivano molti (anche se c'è un nutrito sottobosco che continua imperterrito a produrre questa musica!!) e quindi è un piacere inserire il cd ed ascoltare questo minimale, sano, crudo, sporco e diretto rock'n'roll. RnR senza contaminazioni, senza particolari novità – in effetti la pecca del disco è la poca originalità delle composizioni- ma d'altronde se uno vuole suonare un rock crudo fatto di riff carichi di energia, chorus line canticchiabili davanti ad un buon boccale di birra il tutto coadiuvato da una voce essenziale e leggermente rauca del singer....il risultato è puro divertimento. Metti su la veloce 'Last Time Again' e fai casino con gli amici, questo è quello dobbiamo aspettarci da “Play That Rock'n'Roll”, disco che sicuramente non verrà ricordato nella storia come un must, anzi, però un pizzico di spensieratezza la regala. Da notare la cover del brano tratto dalla carriera solista di Mr. Michael Monroe 'Dead, Jail Or Rock N’ Roll' qui eseguito senza infamia e senza lode. Se volete una manciata di song capaci di rockare al punto giusto senza grosse pretese allora i Supersuckers fanno al caso vostro.

Roby Comanducci

Lug 24

LAURA COX “Burning Bright”

 

 

Line up: Laura Cox – vocals & guitars, Mathieu Albiac – guitars, François C. Delacoudre - bass, - Antonin Guérin - drums

Tracklist: Fire Fire, Bad Luck Blues,Last Breakdown, Looking Upside Down, Just Another Game, Here's To War, Freaking Out Loud, As I Am, River, Letters to the Otherside

Con leggero ritardo (purtroppo solo ora ne sono venuto in possesso) mi accingo a recensire questo che sicuramente è uno degli album più belli ascoltati in questi ultimi periodi. Uscito verso fine 2019 il nuovissimo full lenght album della bella ma soprattutto bravissima chitarrista, vocalist e songwriter Laura Cox si erge di una spanna sopra la media delle 'normali uscite' in campo hard, blues, rock blues et similia. La francesina in questione sembra nata nel cuore dell'America blues invece no, dal paese delle baguette ci sforna questo piccolo capolavoro, coadiuvata da una band di giovani ed eccelsi strumentisti. L'esordio di Laura risale al 2017 con un altro ottimo album “Hard Blues Shot” e a distanza di un biennio eccola pronta a bissare con “Burning Bright”, album che ha tutte le caratteristiche per sfondare a livello anche commerciale. La line up – se non erro- è immutata ed il sound si pernia sempre su un forte hard blues, a tratti ammiccante al southern ed in altri momenti caro ai grandi gruppi hard datati seventies. La chitarra la fa da padrone in questa band, e Laura è un'ottima ritmica ed anche solista, compito suddiviso con l'altro eccellente axe man Albiac. Si parte con la massima adrenalina hard rock della stupenda 'Fire, Fire' e con questo brano già capiamo di che pasta è fatto questo “Burning....”. La successiva 'Bud Luck Blues' è più sul versante hard-blues ed è caratterizzata da un guitar work eccelso con un riff tagliente e pulsante. Più tranquilla (ma non è un lento) è 'Last Breakdown' dove si apprezza la bella voce di Laura mentre di semi ballad si può parlare ascoltando 'Looking Upside Down', suadente al punto giusto ma capace di mantenere una sottile energia sopita ma persistente. Questo brano avrebbero potuto suonarlo i leggendari Lynyrd Skynyrd facendo anche bella figura, la struttura metrica del pezzo riporta molto alla band di 'Sweet Home Alabama'. Segue un altro lento, 'Just another Game' dedito ad un rock blues che miscela parti acustiche a momenti elettrici. Ottimo brano. 'Here's To War' ha un bel sound rock cadenzato all'inizio per poi aumentare leggermete il ritmo nel prosieguo. Arriviamo alla piccola perla: 'Freaking Out Loud'. Una song in chiaro stampo hard rock che strizza l'occhio ai mitici anni settanta e ha un potenziale veramente alto con quel sound distorto di chitarre che la fa da padrone aggraziato poi da un guitar solos di elevata caratura. Un altro pezzo di hard rock molto settantiano e ricco di energia è 'As I Am' che nella seconda parte, quando accelera, sembra di ascoltare alcune partiture dei Purple anni d'oro!!! Si calmano gli animi, ma non la bellezza delle composizioni presenti, infatti è la volta del rock semplice ma diretto di 'River' che ci accompagna alla finale ballad 'Letters to the Otherside', song ammaliante che non poteva far altro che concludere un disco così superlativo. Un piccolo gioiellino, trovatelo e fatelo vostro!

Roby Comanducci

Lug 31

VINNIE MOORE 'Soul Shifter'

 

 

Line up: Vinnie Moore – guitars, bass, keyboards.
Addictional musician: Rudy Sarzo – basso, Randy McStine – basso, Michael Bean - John Cassidy – keyboards, Jordan Rudess – piano, Richie Monica – drums, John Pesson – drums.

Tracklist: Funk Bone Jam, Same Sun Shines, Kung Fu Grip, Mystified, Brother Carlos, Gainesville Station, Soul Rider, Mirage, Heard You Were Gone, Across the Ages

Oh...ma guarda che bella sorpresa, a distanza di quasi un lustro dal penultimo “Aerial Visions” torna al full lenght album l'axe ero Vinnie Moore. Allora, non nego di avere una predilezione per tutto il mondo dei guitar heroes.... gli anni ottanta (quando scoppiò il boom dei velocisti dettato dal patron Mike Varney io compravo tutto quello che usciva) era il loro momento e il qui presente cinquantaseienne allora imberbe talentuoso diede alle stampe nel 1985 “Mind's Eye”, disco di assoluto livello ma che al sottoscritto non piacque moltissimo. Consideravo il buon Vinnie un clone di Malmsteen (ed in effetti lo era) e non mi ha mai affascinato nei suoi primi lavori solisti. Poi col passare del tempo ho apprezzato maggiormente il suo sound e sono quindi felice di poter constatare che in questo 2020 siamo qui a recensire album di questa musicalità e non solo grind, nu metal o metal sinfonico con cantanti donne che urlano in growl. Spezzo subito una lancia a favore di questo strumentale “Soul Shifter”: il nostro si è dedicato, miscelando nel migliore dei modi, a diversi stili quali il rock classico, il funk, l'heavy rock, il classicismo e – ovvio- in alcuni momenti hyper speed guitar. Da notare la presenza di una folta schiera di session man che hanno dato un prezioso contributo alla riuscita di questo disco anche se è sempre il nostro guitar hero, che qui suona anche basso e tastiere, a rendere l'album un piccolo scrigno di momenti magici. Si parte con la funkeggiante opener che è un eccelso biglietto da visita per poi seguire con la più classica e non eccezionale 'Same Sun Shine' mentre si rialza il tasso di adrenalina con la stupenda 'Kung fu Grip'; un mix di funky, rock, hard che deve qualcosa a Satriani e Vai ma è resa originale dal tocco del nostro che usa il wah-wah facendo emettere alla chitarra autentici vagiti ...quasi parole. Stupenda! La successiva 'Mystified' è lenta e sognante, giusto per rilassarsi un pochino come anche 'Brother Carlos' che però è più originale nella parte finale solista più ricercata ed elegante. Un altro pezzo sopra le righe è 'Gainesville Station', un heavy rock tagliente ma molto ruffiano ricco di fraseggi e riff che rendono il brano quasi ballabile e gaudioso, menzione particolare per lo sviluppo nella parte finale del solos di chitarra che duetta con le parti di piano! Si calmano gli spiriti con l'eufonica 'Soul Rider' e 'Mirage' per arrivare alla lenta ' Heard You Were Gone' elegante nell'esecuzione e nelle armonie anche se non fa gridare al miracolo. Chiude l'album 'Across The Ages' bella song dove il nostro da sfoggio alla sua bravura per convincerci che ancora oggi, in questo periodo assai sterile di emozioni, un bel disco strumentale può essere un regalo prezioso.

Roby Comanducci

Lug 31

BONFIRE “Fistful of Fire”

 

 

 

Line up: Hans Ziller - guitars/backing vocals, Alexx Stahl - lead vocals, Ronnie Parkes - bass/backing vocals, Frank Panè - guitars/backing vocals, Andrè Hilgers - drums

Tracklist: The Joker, Gotta Get Away, The Devil Made Me Do It, Ride The Blade, When An Old Man Cries, Rock’n’Roll Survivors, Fire And Ice, Warrior, Fire Etude, Breaking Out, Fistful Of Fire, The Surge, Gloryland, When An Old Man Cries (Acoustic Version)

Non posso negare la mia affezione al combo teutonico in questione. I Bonfire per il sottoscritto sono stati (ma lo sono ancora magari non più con la verve degli anni d'oro) la band hard rock per eccellenza. Li preferivo, in alcuni album, anche ai connazionali e maestri Scorpions. Inutile negare l'incommensurabile valore di una pietra miliare qual'è stata “Point Blank” nel lontano 1989 mai più (purtroppo) superata ma comunque i Bonfire dal 1986 ad ora hanno confezionato ben 25 dischi (tra studio, live, best ecc...). Questo, appunto, è il loro venticinquesimo album che cercherà di regalarci un po' di sano e robusto hard rock sempre venato dalla loro intensa armonia. Peccato che oramai dal 2015 abbia lasciato il gruppo il fantastico vocalist Claus Lessmann e questo è un punto decisamente a sfavore poiché la sua ugola avrebbe donato anche a questo “Fistful...” un mood ed un alone differente anche se il singer attuale Alex Stahl fa di tutto per farsi voler bene ed anche se la sua timbrica non ha minimamente il mordente e l'aggressività di Lessmann riesce comunque a regalarci una buona prestazione. Il disco indubbiamente è strutturato bene su 14 tracce (forse anche troppe) e da adito all'unico membro rimasto della formazione originale, il chitarrista Hans Ziller, di aver fatto un buon lavoro. La band è sinonimo di potenza miscelata a forti eufonie e arrangiamenti che rendono -a volte – il suono pomposo e 'importante'. Infatti per poter ascoltare un mood di questo tipo, lasciando perdere il bellissimo intro iniziale 'The Joker', salterei subito alla quarta traccia, 'Ride The Blade' che rimembra i vecchi fasti ed ha l'imprinting giusto per conficcarsi nella vostra testa, una song che avrei visto bene nella tracklist dell'ottimo “Free” targato 2003. C'è anche un lento (poi ripreso in versione acustica nel finale) 'When An Old Man Cries' pezzo valido, non eccezionale, ma interessante. Ma in questo album sono i brani più rocciosi a vincere la partita e quindi menzione particolare per la diretta 'Rock'n'Roll Survivors', brano semplice con delle buone chorus line da valorizzare sicuramente in chiave live. Saltiamo quindi ad un altro intro dove si dilettano i due chitarristi con un ottimo risultato strumentale, parlo di 'Fire Etude' che ci prepara al roccioso heavy rock di 'Breaking Out'. Un altro intro strumentale molto interessante 'The Surge' ci conduce invece all'aggressivo up tempo di 'Gloryland'. Questo è quanto ragazzi. Un album che supera abbondantemente la media della qualità attualmente in circolazione pur avendo qualche song sottotono ma rifacendosi alla grande nelle tracce che vi ho descritto e che valgono l'acquisto di questo disco!


Roby Comanducci

 

 

Line up: Daniel Korn - vocals, songwriter, guitars, bass, piano.

Tracklist: Vampires, Sleep ain't paying my dues, House of cards, Colorado, Run Rabbit Run, Seashelled Heart

Devo ammettere di conoscere poco questo artista, come discografia ha pubblicato “Dancing With The Moon” Ep(2014), “Dancing With The Moon (Space Cats Version)” (2016) e “Run All Night” (2016), ma dopo aver ascoltato questo suo nuovo Ep “Sleep ain’t paying my dues”, sono rimasto ammaliato ed al tempo stesso sbalordito. Questo giovanotto di Stoccarda è già qualche anno (non molto però, nda) che ci delizia con i suoi dischi che trasudano il sound puro del blues rock americano, dei mille colori e profumi di quei posti, sonorità sì blues ma anche condite con spruzzate di folk, di indie rock; non sembra proprio che il nostro arrivi dalla “fredda Germania” ed invece è così, ma infatti molti dicono su di lui che è un caso a se, un artista eclettico e sognatore. Infatti nei testi delle sue song viene traslato tutto il suo vissuto per le strade di un'America nuda e cruda, un lungo viaggio da nord a sud di questo grande paese riportando, come in un prezioso riassunto, tutto in questo bellissimo Ep di solo sei tracce. Si parte con il pathos di 'Vampire', song magnetica e sicuramente figlia del miglior indie rock in circolazione. Da segnalare anche l'ottima interpretazione vocale del nostro che, pur non essendo un mago, riesce ad imprimere il giusto mood alle sue canzoni dandogli ulteriore carattere e spessore. La successiva è la title track, un bel pezzo di sano rock orecchiabile al punto giusto, dotato di un buon riff di chitarra saturo e mordente che coinvolge dal primo minuto sino alla fine. Sicuramente un brano molto radiofonico. Viceversa la successiva e semi-acustica 'House of Cards' nel suo incedere lento ci fa sognare e ci culla con atmosfere morbide e avvolgenti. Un pizzico di country rock spunta in 'Colorado', song allegra da ascoltare in buona compagnia davanti a un mega boccale di birra. Un blues più raffinato lo ritroviamo in 'Run Rabbit Run' che emerge per eleganza compositiva avendo anche la capacità di eccellere col suo portentoso feeling. Chiude questo ep il lento acustico 'Seashelled Heart', bell'esempio di folk rock con anche una buona interpretazione vocale di Daniel e quell'armonica che a tratti accompagna la sei corde e contribuisce a creare un momento di magica empatia con l'ascoltatore e rimanda al Boss ai tempi della E Street Band. Veramente un ottimo lavoro, cercatelo e fatelo vostro!! www.iamkorny.com

Roby Comanducci