Roberto

Roberto

Nov 20

TUNGSTEN "Tundra"

 

 

Line-up: Mike Andersson - vocals, Nick Johansson – guitars, Karl Johansson - bass, screams & keyboards, Anders Johansson - drums

Tracklist: Lock And Load, Volfram's Song, Time, Divided Generations, King Of Shadows, Tundra, Paranormal, Life And The Ocean, I See Fury, This Is War, Here Comes The Fall

Eccoci dunque a recensire il secondo parto discografico della creatura fondata dal celebre e talentuoso batterista Svedese Anders Johansson che molti ricorderanno alla corte di Hammerfall, Y.J Malmsteen's Rising Force, Manowar, senza contare svariate collaborazioni. Il nostro, qui accompagnato dai figli Karl al basso, scream vocals, tastiere e Nick alle chitarre e con l'aggiunta del bravo vocalist Mike, ci regala un album assolutamente accattivante, originale e ricco di spunti interessanti. Il suono di questa band è un mix che a tratti sembra vedere i Magnum (nei passaggi pomp e folk) adeguatamente “metallizzati” con tinte power metal e a tratti sinfoniche (Hammerfall su tutti....) e alcuni passaggi ritmici cari ad un sound quasi nu metal. Si miscela un heavy potente ma al tempo pregno di melodie con testi fantasy e passaggi a volte pomposi che però inseriscono addirittura delle scream/growl vocals come accompagnamento (solo in qualche song). Classico esempio di quanto appena scritto è la poderosa ma al contempo pomposa opener 'Lock and Load'. Un disco molto particolare quindi, che va ben ascoltato e che dopo qualche passaggio vi conquisterà e non riuscirete a toglierlo dal vostro lettore cd. Notevole la sezione ritmica che oltre al prezioso lavoro di drumming del veterano Anders, troviamo un eccelso bass-working del figlio Karl che, come precisato sopra, si occupa anche delle parti cantate in scream/growl vocals e al lavoro alle keyboards anch'esso valido supporto che arricchisce il sound del gruppo. Il lato greve della band lo possiamo ascoltare in song quali 'Divided Generations' dove un power metal viene iniettato di passaggi di moder (hard) rock con interessanti aperture ariose di keyboards sound ma sempre basati su una sezione ritmica rocciosa. Quasi anthemica la successiva 'King of Shadows' che ci prepara alla bella title track, eccellente heavy metal song che unisce anche qualche accenno alternative (leggasi Rammstein....) per poi deliziarci con un ritornello orecchiabile e tornare a 'picchiare' decisa e feroce nell'accelerazione prima del finale con tanto di cantato in growl. Particolare 'I See Fury' che riesce nell'arduo compito di miscelare passaggi folk metal a momenti speed e pseudo – nu metal, assurda! In definitiva un disco molto originale che potrà piacere a diversi “palati” musicali. Bravi Tungsten!

Roby Comanducci

Nov 11

L.A. GUNS “Renegades”

 

 

Line up: Kelly Nickels - bass, backing vocals, Steve Riley - drums, percussion, backing vocals, Scotty Griffin - lead guitar, backing vocals, Kurt Frohlich - lead vocals, rhythm guitar

Tracklist: Crawl, Why Ask Why, Well Oiled Machine, Lost Boys, You Can’t Walk Away, Witchcraft, All That You Are, Would, Renegades, Don’t Wanna Know

Ci eravamo lasciati un anno fa circa con l'ottimo “The Devil You know”, un bel dischetto per la gioia di vecchi e nuovi fans. L'anno successivo che succede? E' proprio un anno da dimenticare questo bisestile 2020 e “Le Pistole di Los Angeles” hanno ben pensato di stravolgere (ancora una volta!!!) la formazione con la fuoriuscita dei due leader Tracii Guns e Phil Lewis ed il rientro, invece, della sezione ritmica originale dei primi album, Riley – Nickels. Cosa sia successo onestamente non lo sappiamo (non ci piacciono i gossip ma se lo sapevamo sicuramente ve l'avremmo detto, nda) sta di fatto che un disco marchiato LA Guns non può essere tale con la mancanza del duo sopracitato. Non me ne vogliano i puristi che sentenzieranno che comunque in questo “Renegade” sono rientrati due membri della prima gloriosa formazione: senza l'ugola di Phil e i fraseggi di Tracii non è la stessa cosa ma, soprattutto, i due in questione eccellono nel songwriting, nella composizione che in questo nuovo disco è assolutamente scialba e piatta. I nostri hanno sì mantenuto lo “stile LA Guns” ma il risultato finale è un album che avrebbe potuto farlo chiunque, anche una band alle prime armi. I cliché del genere si susseguono, manca mordente e anche la voce di Kurt, seppur non brutta, è abbastanza asettica ed inespressiva. La band di “Malaria” poi non deve pubblicare una ballad tanto semplice quanto scontata e banale come ' You Can’t Walk Away' e deve saper “mordere” nell'incedere dell'album; in questo “Renegades” invece canzone dopo canzone rimaniamo attoniti dalla monotonia e dalla poca originalità espressa. Onestamente mi dispiace scrivere queste cose perché amo questa band e sono sicuro che, magari, a chi non ha mai seguito bene Lewis & Co l'album potrà anche piacere per passare una quarantina di minuti con uno street rock sempliciotto e poco impegnativo ma questi non sono gli LA Guns che conosco, sono un tentativo riuscito male di portare avanti un glorioso nome. Peccato.

Roby Comanducci

Nov 29

JOHN PETRUCCI “Terminal Velocity”

 

 

Line up: John Petrucci – guitar, Dave LaRue – bass, Mike Portnoy – drums

Tracklist: Terminal Velocity, The Oddfather, Happy Song, Gemini, Out Of The Blue, Glassy-Eyed Zombies, The Way Things Fall, Snake In My Boot, Temple Of Circadia

E bravo Mr.Petrucci che torna al disco solista dopo quindici anni, il suo primo solo “Supended Animation” è datato 2005, e lo fa nel migliore dei modi aiutato nientepopodimeno che da Mr. Portnoy, a circa dieci anni dalla sua dipartita dai Dream Theater e con al basso il fedele amico Dave LaRue (già presente nel suo primo disco solista, nda). Allora ragazzi, cosa ne dite? Varrà la pena di spendere i vostri soldini per questo disco strumentale o siamo di fronte ad una noiosa esibizione di sterile tecnica? La risposta è che il disco è un vero concentrato di energia e originalità con song alle quali manca solo un cantato in quanto strutturate in modo da poter essere rielaborate e non solo come un mero virtuosismo di chitarra. Il nostro si mette al servizio della canzone e riesce a non annoiare l'ascoltatore ma anzi, lo tiene incollato con continui cambi tempo, particolari fraseggi, armonie e passaggi a volte iper tecnici ed altre volte più easy che si conficcano nella testa e non vanno più via. Un album versatile quindi, che omaggia sicuramente alcuni stilemi della band madre di John, i Dream Theater, ma che vola anche verso stilemi differenti e affronta passaggi e mix musicali di forte impatto. Basta ascoltarsi la bellissima e ammaliante 'Happy Song' per farsi un'idea; ritornello orecchiabile e raffinato che si sviluppa poi in un guitar work tecnico ma solare e da vasto airplay. L'esatto opposto lo riscontriamo nella tecnica sopraffina presente su 'Gemini', brano che accarezza diversi stilemi dal prog metal a passaggi armonici di notevole spessore per arrivare a proporre una sorta di flamenco- latin guitar d'eccezione e riprendere poi portentoso con arpeggi e scale veloci sino alla fine. Altro cambio strutturale lo troviamo nella stupenda 'Out Of The Blue', eccellente lento e autentica perla che si diletta in una sorta di rivisitazione del blues in “chiave Petrucci”, ma sembra comunque di ascoltare alcuni pezzi del compianto ed intramontabile Gary Moore. Assolutamente carica di pathos ed ammalianti eufonie che vanno a bilanciarsi con la parte più heavy dei riff di un guitar work impeccabile è 'The Way Things Fall', song di grande scuola che farà impazzire tutti i patiti della sei corde. In ogni caso tutte le tracce presenti sono degne di nota e concorrono ad inserire questo lavoro nella mia personale top albums 2020. Grazie per averci regalato “Terminal Velocity” John, con le tue note sarà un Natale sicuramente più bello!

Roby Comanducci

 

 

 

Line up: Chris Robertson - vocals, guitars, Ben Wells- guitar, vocals, Jon Lawhon - bass, vocals, John Fred Young – drums

Tracklist: Ringin’ In My Head, Again, Push Down & Turn, When Angels Learn To Fly, Live This Way, In Love With The Pain, The Chain, Ride, If My Heart Had Wings, Don’t Bring Me Down, Some Stories, Devil In Your Eyes, Keep On Keepin’ On

Insieme sin dal (lontano) 2001 i qui presenti ragazzacci provenienti dal Kentucky tornano a deliziare i nostri padiglioni auricolari con un nuovo e fiammante full lenght album “The Human Condition”, a distanza di circa due anni dal penultimo “Family Tree” e cronologicamente il settimo album in studio della loro carriera musicale. Ottima band sia in studio ma soprattutto dal vivo (li vidi ad un Gods of Metal qui da noi.....non ricordo l'anno, forse era il 2012, ndr) questi artisti hanno da sempre basato il loro sound style su un southern rock miscelato a stilemi alternative e, soprattutto negli ultimi tempi, molto hard blues. Da notare anche l'affiatamento del gruppo, praticamente la medesima line up del primo debut album, fattore determinante per dare carattere e stabilità a qualsiasi band. I nostri si sono sempre attestati su questo sound solare e roccioso senza particolari “evoluzioni stilistiche” che comunque, nel loro caso, va bene, non stiamo parlando dei Queensryche ma di una band che suona puro ed incontaminato hard'n'roll. La coppia di chitarre del duo Robertson – Wells sfornano autentici riff killer che faranno la gioia dei puristi del rock sudato e “maschio” senza “orpelli” e sbavature ma diretto e carico di adrenalina e groove. La loro energia viene particolarmente apprezzata su 'Push Down & Turn' e 'Some Stories' dove abbiamo anche qualche accenno di modern/alternative rock, su “Ride” e “Again”, nella bella cover di 'Don’t Bring Me Down' degli E.L.O, ma anche in momenti più easy listening come 'In Love With The Pain' i nostri sanno essere “radiofonici” al punto giusto senza però perdere smalto o peccare in suoni troppo zuccherosi o edulcorati. In definitiva un bel disco che appagherà chiunque voglia nutrirsi di sano rock suonato da bravi professionisti.

Roby Comanducci

Gen 01

MAGIC DANCE “Remnants”


Line-up: Jon Siejka - vocals, guitars, synths. Kevin Krug, Gabor Domjan, Luke Anderson, Emanuele Moretti – bass, Kevin Mcadams - drums, percussion, Gdaliy – sax. Tim Mackey: Guitar Solo On “I’m Still Holding On”, “Restless Nights”, “Zombie Breath Surprise”, And “No Light”. Ziv Shalev: Guitar Solo On “Oh No” And “When Your World Comes Down”. Stelios Andre: Guitar Solo On “Changes”, “Til Your Last Breath”, And “I Can’t Be The Only One”

Tracklist: Oh No, Long And Lost Lonely Nights, Zombie Breath Surprise, Cut Me Deep, When Your World Comes Down, Change Your Life, I’m Still Holding On, Changes, Restless Nights, Til Your Last Breath, I Can’t Be The Only One

Un autentico salto nel passato questo nuovo full lenght album del vocalist/songwriter e polistrumentista Jon Siejka che, con questo suo progetto solista formatosi a Long Island NY nel 2012, ripercorre i fasti degli eighties proponendo quello che forse è il suo lavoro più “heavy” rispetto ai precedenti albums. Il nostro infatti ha cavalcato l'onda del pop rock, della synthwave e del synth pop ma con questo “Remnants” punta dritto verso un Adult Oriented Rock con un indubbio e validissimo innesto di guitar rock sound che ci confeziona un album gradevole, amabile ma anche stuzzicante al punto giusto. Di assoluto rilievo il connubio tra synth-keyboards e guitar work; il disco infatti è arioso e radiofonico nella sua parte più pop e riesce a graffiare con riff di chitarra e pregevoli solos. Sembra di essere nel 1985 quando si arriva a 'Change Your Life', dove un suono zuccheroso ricco di chorus line accattivanti imperniato su un eccelso synth pop e impreziosito da un elegante guitar work ci fa capire quanto erano belli e spensierati quegli anni. L'album non perde colpi e si mantiene ad un buon livello per tutta la sua durata e se proprio volete direi che oltre la già menzionata 'Change Your Life', segnalo anche l'opener 'Oh No', 'Long And Lost Lonely Nights', 'Cut Me Deep' e 'Zombie Breath Surprise', da sole valgono l'acquisto del cd. More info: https://www.facebook.com/magicdancemusic, https://twitter.com/magicdancemusic, https://www.instagram.com/magicdancemusic

Roby Comanducci