Roberto

Roberto

Ago 10

JOE SATRIANI “Shapeshifting”

 

 

Line up: Joe Satriani – guitars, Kenny Aronoff – drums, Chris Chaney – bass, Eric Caudieux - keyboards

Tracklist: Shapeshifting, Big Distortion, All For Love, Ali Farka, Dick Dale, an Alien and Me, Teardrops, Perfect Dust, Nineteen Eighty, All My Friends Are Here, Spirits, Ghosts and Outlaws, Falling Stars, Waiting, Here The Blue River, Yesterday’s Yesterday

 

Allora ragazzi, questo è un compito tanto bello quanto complesso. Parlare di Joe Satriani è fantastico ma data la caratura e le composizioni musicali del personaggio ci vorrebbe un maestro di chitarra a fare questa recensione. Invece ci sono io: un povero scribacchino che suona la chitarra con la delicatezza di un gorilla e la memoria di un bradipo (cosa c'entra?...non lo so ma era per fare un esempio hehehe, nda). Il buon Joe ebbi la fortuna di incontrarlo e quindi conoscerlo ed intervistarlo a Milano nel 1998 all'uscita di 'Crystal Planet' e vi assicuro che me ne raccontò di belle. Una persona assolutamente affabile che non mostra assolutamente altezzosità al pari di tanti suoi pseudo colleghi musicisti; pensate solo che è stato maestro (tanto per citarne alcuni...) di signori quali Steve Vai, Larry LaLonde, Kirk Hammett, Andy Timmons, Alex Skolnick, che è in assoluto considerato tra i top guitar players del pianeta e le sue collaborazioni sono pressochè infinite (oltre i 21 dischi tra studio e live, nda). Mi innamorai subito di lui quando comprai e misi sul piatto il vinile di quel “Surfing With The Alien” che nel 1987 cambiò non poco la vita di molti chitarristi o futuri/presunti tali. Ed eccolo qui trent'anni dopo, che sforna senza battere ciglio dischi su dischi e mantiene sempre altissimo il valore della qualità proposta. Per questo disco il nostro si è attorniato di ottimi musicisti quali il drummer Kenny Aronoff (John Fogerty), il bass player Chris Chaney (Jane’s Addiction) e il tastierista Eric Caudieux (Prince, Lisa Coleman); il risultato quindi è sicuramente di caratura elevata. Premetto che questo disco nelle sue tredici tracce è molto vario. Il chitarrista abbraccia tantissimi generi dal rock al reggae, al country e mille altre sfaccettature. Se volete subito un brano che vi ricordi il periodo 'ottantiano' e quindi “Surfing...” ma anche “Flying in a Blue Dream” allora sparatevi subito la veloce 'Nineteen Eighty' e vi sembrerà che il tempo non sia passato affatto. Nel suo stile: song veloce con cambi di tempo repentini, ritmica danzereccia e chitarra che fra strofa-ritornello-solos sembra coadiuvata da un cantante, ma invece il cantato non c'è.....e non se ne sente assolutamente la mancanza. Spesso tra le miriadi di peculiarità di questo mostro della sei corde troviamo questa capacità durante i solos di creare come delle 'frasi melodiche' basandosi solo su poche note, magari per la durata di un breve bridge, e poi riprendere in velocità e virtuosismo puro oppure passare alla strofa successiva. Lui usa molto la tecnica del pick tapping, un modo particolare di usare il plettro e creare un contatto ed effetti maggiori con le corde. E' questa la forza di Joe, non fa stancare nemmeno un attimo nonostante il suo disco sia strumentale e ridondante tecnica e mille peripezie tecnologiche. Un altro brano entusiasmante e originale è 'Ali Farka, Dick Dale, an Alien and Me' che si basa su ritmi afro soprattutto per quanto concerne la sezione ritmica con l'innesto di rumori, armonie e un guitar work da cardiopalma (il titolo di questa song prende vita dal nome di Ali Farka uno dei maggiori e importanti strumentisti africani e nel mondo, Dick Dale famoso surf rockers e alien and me, riferito a se stesso, Mr.Satriani). Prima avete letto la parola reggae vero? Eh si hehe....ascoltatevi le avvolgenti atmosfere di 'Here The Blue River' e capirete come una ritmica reggae possa essere resa stupenda da un fraseggio di chitarra e soluzioni all'avanguardia sonora proprie di questo axe man. Song stratosferica! Ma anche la conclusiva 'Yesterday’s Yesterday' coi suoi momenti acustici fa rivivere quasi atmosfere western-country con un solo difetto, dura troppo poco! Prorompente e pulsante è l'opener 'Shapeshifting' che incalza con un basso poderoso creando una atmosfera ricca di pathos nella quale si diletta il buon Joe e la sua Ibanez mentre più commerciale invece è 'Big Distortion', brano hard rock cadenzato che vi conquisterà al primo ascolto. Quando poi Joe si cimenta nei lenti allora c'è da godere come matti. E' sempre stato capace di song dall'altissimo feeling ed in questo caso vi rimando subito alle eufonie sublimi di 'Teardrops'; ascoltatela in cuffia, al buio, magari sorseggiando un buon whiskey. Superlativa. Un piccolo gioiello da avere assolutamente.

Roby Comanducci

 

 

Line up: Adam Nergal Darski – guitars, vocals, Sasha Boole – guitars, banjo, Matteo Bassoli – bass, synth, backing vocals, Lukasz Kumanski – drum, backing vocals

Tracklist: Run With The Devil feat. Jorgen Munkeby (Shining NOR), Coming Home feat. Sivert Høyem (Madrugada), Burning Churches feat. Mat McNerney (Grave Pleasures), By The River feat. Ihsahn (Emperor), Mestwo, Surrender feat. Dead Soul e Rob Caggiano (Volbeat), Deep Down South feat. Johanna Sadonis (Lucifer) e Nicke Anderson (Entombed), Man Of The Cross feat. Jérôme Reuter (Rome), You Will Be Mine feat. Matt Heavy (Trivium), How Come? feat. Corey Taylor (Slipknot), Rob Caggiano (Volbeat) e Brent Hinds (Mastodon), Confession feat. Niklas Kvarforth (Shining SE)

Ma guarda cosa ci combina, ed è anche la seconda volta essendo la seconda release, nientepopodimeno che il leader vocalist/guitarist dei Behemoth (famosa band in auge dal 1991 col suo black/death metal), Adam Nergal Darski: un album diametralmente opposto al metal, dalle sinfonie rock, folk, southern & acoustic rock. Incredibile. E questo è uno di quei casi dove si può parlare di “genio” compositivo e culturale di un artista. Non è da tutti proporre musica così lontana anni luce nello stile e riuscire nel migliore dei modi sfornando album assolutamente avvincenti e qualitativamente elevati. Questo “New Man....” è veramente un piccolo gioiellino di rock dove il nostro si cimenta sia come vocalist che come guitar player coadiuvato da una band di tutto rispetto e, soprattutto, aiutato dall'innesto di una serie lunghissima di guest star (che potete leggere nella tracklist). Onestamente non mi aspettavo un risultato così ricco di pathos, avvincente e soprattutto dedito a stilemi musicali molto introspettivi e coinvolgenti. Prendete la stupenda 'By The River' dall'incedere lento e cadenzato (ha come ospite Ihsahn degli Emperor), ma non una ballad tutt'altro; un sound che sembra gridare una sordida rabbia che poi si sviluppa verso la parte finale del brano aumentando (di poco) il ritmo e sfoggiando un autentico assolo di chitarra quasi da incorniciare per bellezza ed eufonia. In questo suo progetto Nergal sembra uscire dalla scuola di Nick Cave o J. Cash e il paragone non è affatto scomodo o esagerato, se ascoltate song quali l'ipnotica 'Man of The Cross' o la ballad acustica 'You Will Be Mine' capirete quello che ho appena scritto. Un bel rock, molto indie, è 'How Come?' con la presenza di Corey Taylor (Slipknot), Rob Caggiano (Volbeat) e Brent Hinds (Mastodon); un brano a più voci che farà innamorare l'ascoltatore al primo ascolto e sarà difficile togliervelo dalla testa. Come non menzionare poi il veloce country rock di una delle mie preferite 'Deep Down South' dove è presente come guest vocals la bella Johanna Sadonis (Lucifer). Da segnalare anche qui il pregevole solo di chitarra. Se invece volete un rock tendente all'hard allora ascoltatevi subito l'intrigante opener 'Run With The Devil' viceversa se siete curiosi e vi piace l'originalità saltate immediatamente alla conclusiva 'Confession'. In questa traccia ritornano echi del grande Cave e la lentezza del suono la fa da padrone con questa voce penetrante e calda accompagnata da cori sognanti dal forte lirismo e poi, di colpo, verso la fine, l'atmosfera sognante continua ma si sente solo in sottofondo perché parte un veloce brutal black metal sparato a mille che conclude il pezzo. Cioè....a dir poco originale e curioso ma sicuramente d'effetto. Un album degno di entrare a far parte della vostra preziosa collezione di dischi!

Roby Comanducci

Ago 31

SASS JORDAN ‘Rebel Moon Blues’

 

 

Line up: Chris Cadell - guitars, slide, dobro, Jimmy Reid - guitars, backing vocals, Derrick Brady - bass, backing vocals, Cassius Pereira - drums
Guest: Steve Marriner - harmonica, Jesse O’ Brien - keyboards, Hill Kourkoutis - guest vocals tracks #5

Tracklist: Leaving Trunk (Sleepy John Estes ), My Babe (Willie Dixon), Am I Wrong (Kevin Moore), One Way Out (M. E. Sehorn /E. James / S. B. Williamson), Palace of the King (Russell,Nix,Dunn), The Key (**), Too Much Alcohol (Joseph Benjamin Hutto), , Still Got The Blues (Gary Moore)

La bellissima e bionda canadese che risponde al nome di Sass Jordan ci ha regalato la sua ultima fatica in studio. Un album di cover, eccetto una 'The Key', dove la bravissima female singer da ampio sfoggio della sua ugola 'nera' che sembra arrivata direttamente dal sud del Mississipi. In auge dal 1988 con “Tell Somebody” con questo nuovo “Rebel Moon Blues” (il nono full lenght album, senza contare innumerevoli ep e compilation), la nostra ci continua a regalare intense e profonde emozioni che devono tutto alla sua timbrica calda ed ammaliante che ti penetra nell'anima. Voce che sovente può ricordare Janis Joplin, quella di Sass è capace di interpretare qualsiasi song e renderla personale con, in taluni casi, l'aggiunta di grinta ed energia. Infatti questo disco conta solo otto tracce e forse è un peccato anche se, onestamente, avremmo gradito qualche pezzo originale in più. Come dicevo è presente solo 'The Key' come brano originale e riesce a tenere il passo delle eccellenti cover del disco; brano ritmato dall'incedere tranquillo ma ricco di magia con un ottimo guitar work che insieme a eccelse chorus line, fiati e la magnetica voce di Jordan si fa amare per tutti i suoi quattro minuti di durata. Bellissima la cover semi acustica di 'Too Much Alcohol (Joseph Benjamin Hutto), dove la slide guitar è da brivido come l'interpretazione vocale della straordinaria Sass. Sorpresa è stata trovarmi per ultima nientepopodimeno che 'Still Got The Blues' del grandissimo (e compianto...) Gary Moore, qui riproposta egregiamente senza farle perdere l'immensa alchimia di classe e melodia intrinseche nella song originale. Ottimo lavoro Sass però....la prossima volta vogliamo un disco con tutte tracce nuove ed originali!!!!!

Roby Comanducci

 

 

Line-up: Ronnie Atkins – vocals, Ken Hammer – guitars, Rene Shades – bass, Chris Laney – keyboard, guitar, Allan Sørensen - drums

Tracklist: Fw30 (Intro), Future World, We Came To Rock, Love Games, Yellow Rain, Loud ´N´proud, Rodeo, Needles In The Dark, Eye Of The Storm, Long Way To Go, Mother Of All Lies, Kingmaker, Bull’s Eye, Little Drops Of Heaven, Sin-Decade. Bonus on DVD and Blu-Ray: - The videos: Little Drops Of Heaven, Mother Of All Lies, Nuclear Boomerang, My Soul To Take, A Heart Without A Home, Kingmaker, Face The World, Bull’s Eye, Last Beauty On Earth, Serpentine, Will You Still Kiss Me (When I See You In Heaven). \- Balingen Documentary - Japan Documentary - Interviews with Ronnie Atkins, Ken Hammer, Chris Laney, Rene Shades.

Dopo l'uscita dell'ottimo e ultimo full lenght album “Undress Your Madness” (trovate la recensione scorrendo indietro nella pagina, nda) i danesi in questione ci propongono questo interessante live album che riprende il loro ' Future World Live 30th Anniversary' del 2018 in onore al loro più grande capolavoro, quel “Future World” (1987) per il quale ancora adesso vengono ricordati nonostante abbiano continuato imperterriti (e con ottimi risultati) a sfornare eccellenti dischi. Infatti la tracklist qui presentata è composta da tutte le tracce di quel fatidico album da 'Future World' a 'Long Way to Go' con l'esatta sequenza presente anche su quell'album ed in più altre tracce prese da ottimi album come ' Mother Of All Lies' da “Motherland” (2013) o l'omonima del disco “Sin-Decade” (1992) e altre chicche per un totale di quindici canzoni. Sulla bravura della band è inutile dilungarci, conosciamo ben tutti la qualità tecnico-compositiva di Atkins e soci, la cosa bella è che nei dischi dal vivo si percepisce al meglio la capacità degli strumentisti e questo “Maid In Japan - Future World Live 30th Anniversary” rispecchia in toto la potenza che il gruppo in fase live sprigiona sul palco. Pura adrenalina e grinta heavy sempre però stemperata da una melodia di base che rende le loro song autentiche cavalcate pompose e dirompenti. Dobbiamo inoltre elogiare la registrazione, infatti come live non possiamo lamentarci e il lavoro fatto in produzione è stato lodevole; in questo modo abbiamo suoni puliti e la possibilità di carpire il sound di questo eccellente concerto. Interessante il formato cd + dvd dove troverete altro materiale interessante (leggete sopra nella tracklist). Un'altra opportunità per godersi dell'ottima musica che fa bene al cuore e all'anima.

Roby Comanducci

Ago 27

IAN PARRY ”In Flagrante Delicto”

 

 

Line up: Ian Parry – vocals, Patrick Rondat – guitar, Stephan Lill – guitar, Jeroen Van Der Wiel – keyboards, Casey Grillo – drums, Imre Daun – drums, Barend Courbois - bass

Tracklist: Spaceman, Travellers (Across The Unknown Universe), 3. In Flagrante Delicto, Fool’S Paradise, Impulse, Ingenious, Wish, Fly, The Day We Stop Dreaming, So Far So Good

Veramente carino ed interessante questo nuovissimo “In Flagrante Delicto”, quinto full lenght album dell'olandese singer Ian Parry (Kamelot, Elegy and more) che ci regala una serie di tracce in bilico tra l'hard rock, il pomp e un pizzico di progressive; sembra di ascoltare il bellissimo “Sleepwalking” dei mitici Magnum, band a cui questo album deve molto in quanto a struttura/sound/musicalità di base ma, precisiamolo, non c'è traccia di banali plagi bensì siamo al cospetto di un disco originalissimo, che ricorda certe sonorità ma vive di luce propria. Oltre alla bellissima ugola del leader vorrei farvi notare la presenza di un grande guitar hero, Patrick Rondat, autore di eccelsi album solisti ma questa volta dedito alla causa di questo album. Da segnalare anche l'ottima sezione ritmica e il pregevole keyboards sound del bravo Jeroen Van Der Wiel che contribuisce non poco al pathos e alla pomposità di tutte le tracce presenti. Si parte alla grande con 'Spaceman' dove il keys sound la fa da padrone e tesse una linea armonica fantastica mentre un corposo hard rock ci viene presentato nella successiva 'Travellers (Across The Unknown Universe)' e quindi la title track che, onestamente, varrebbe quasi da sola l'acquisto del disco. Iniziano synth e tastiere per dare un mood quasi pop che però viene iniettato da un potente riff di chitarra per poi far partire la song verso un pompous rock quasi epico nel suo incedere, stupenda! Un altro ruggente riff di chitarra apre 'Fool's Paradise' che poi si sviluppa in un altro ottimo brano rock, potente ma anche commerciale al punto giusto. 'Impulse' continua a farci sognare sempre sulle linee di un pomp rock che riesce a miscelare tanta melodia con un guitar work sopraffino. Non voglio dilungarmi oltre poiché tutto l'album è su un elevato livello qualitativo/compositivo e soprattutto sarà capace di farvi trascorrere un'oretta di puro gaudio musicale. Ottimo lavoro!

Roby Comanducci