Line up: Joe Satriani - guitars, keyboards, Kenny Aronoff – drums, Bryan Beller – bass, Rai Thistlethwayte – keyboards, Eric Caudieux – keyboards, Ned Evett - spoken word

Tracklist: Sahara, The Elephants of Mars, Faceless, Blue Foot Groovy, Tension and Release, Sailing the Seas of Ganymede, Doors of Perception, E 104th St NYC, Pumpin’, Dance of the Spores, Night Scene, Through a Mother’s Day Darkly, 22 Memory Lane, Desolation

Ed eccolo qua, a distanza di due anni dall'ottimo “Shapeshifting”, il Maestro Satch torna al full lenght album; come sempre un album strumentale ricco di mille sfaccettature, mille colori, un turbinio di suoni e eufonie a profusione. Non sto a dilungarmi su Satriani, credo onestamente che tutti, ma proprio tutti sappiate chi sia: lui è il Maestro, uno dei più grandi guitar hero esistenti, in grado di ammaliare con le sue abilità milioni di fans e indottrinare migliaia di musicisti e aspiranti tali. Il nostro lo troviamo in perfetta forma con questo ultimo lavoro in studio: trattasi di un album più introspettivo, più cervellotico, più complesso, se vogliamo, di altri suoi album. Complessità che però non vuole dire maggior tecnica...tutti i dischi di Joe sono un concentrato di tecnica superlativa; per complesso intendo un album di meno facile assimilazione rispetto ad altri anche rispetto al penultimo “Shapeshifting”. “The Elephants of Mars” è un concentrato di stili che pone in evidenza la parte più progressiva e sinfonica del chitarrista coadiuvata da una tecnica fantascientifica che però viene sempre stemperata da un forte groove. Ascoltate ben bene “Pumpin'” e mi saprete dire. La stessa title track che alterna ritmi heavy rock a momenti eterei creati da tastiere e altri “suoni campionati” o la melanconica e melodica “Faceless” ma anche l'eclettica “ Through a Mother’s Day Darkly” stanno a dimostrare la varietà di questo album. Ogni traccia è un mondo fatto per essere esplorato comodamente seduti sul divano con luce soffusa e liberi di volare e navigare con la mente ed il pensiero. Unico “neo” è che in questo lavoro manca la song “fun” come potevano essere “The Phone Call”, “Summer Song”, “Satch Boogie”, “Up In TheSky” o “Nineteen Eighty”, quelle strumentali che fanno ballare e saltare come grilli, da sempre patrimonio della scuola “Satriani”, ma questo, come detto sin dall'inizio, è un disco più introverso e, forse, anche per questo motivo, più incline a palati raffinati. In ogni caso, grande, grandissimo Satch!

Roby Comanducci

Apr 14

 

 

Line up: Ronnie Romero - vocals, Srdjan Brankovic - guitars, Javi Garcia - bass, Andy C. - drums, Alessandro del Vecchio - keyboards

Tracklist: Sin's a good man's brother (Great Funk railroad), Backstreet Love Affair (Survivor), No smoke without a fire (Bad Company), I was born to love you (Queen), Play the game tonight (Kansas), Carolina County Ball (Elf), Girl on the moon (Foreigner),  Gypse (Uriah Heep), Voices (Russ Ballard), All along the watchtower (Bob Dylan), Since I've been loving you (Led Zeppelin) 

Nella mia personale interpretazione, i due tipi di dischi basati sulle cover sono agli antipodi; da un lato gli album tributo ove un certo numero di artisti propongono un pezzo di un determinato artista o band. Ho sempre trovato questi lavori abbastanza mesti e poco interessanti, peggio dei quali forse vi sono solo gli show dove, live, l’artista o la band in questione ascolta altre band riproporre i propri successi. Lunga è la storia della musica, casi ce ne sono molti, ma ne ho a mente almeno un paio in cui vedere le facce degli autori mentre sentono la propria “reinterpretazione” in diretta vale il prezzo del biglietto. Lasciamo da parte questa digressione personale per venire invece al secondo tipo di album basato su cover, che invece ritengo molto più di interesse: gli album in cui un artista propone una serie di song di sua scelta, come il presente lavoro. E’ in generale notevole sapere cosa ha ispirato chi, sia perché spesso saltano fuori interessanti sorprese, sia perché la reinterpretazione stessa, che a questo punto può seguire le coordinate musicali favorite, dice qualcosa di come l’ispirazione musicale è stata captata. Veniamo a parlare perciò di “Raised on radio”: innanzitutto, forse sono io malevolo, ma non è proprio vero che si sono solo scelto “perle dimenticate” (come viene regolarmente pubblicizzato…) di grandi band; “All along the watchtower”, “Since I’ve been loving you” e “I was born for loving you” vi sembrano pezzi dimenticati? Mah, forse sì, ma allora andiamo proprio male. Ad ogni modo, accanto a queste song troverete molti grandi dell’Hard rock glorioso dei 70s, parliamo di Foreigner, Elf, Kansas, Great funk railroad, e altri, e la capacità notevole di Romero e della sua band è di trovare una perfetta amalgama tra tutte le interpretazioni, nessuna delle quali è snaturata e anzi offre una buona “visuale”, diciamo, delle qualità del singer dal glorioso passato. Si riesce infatti nella non banale operazione di proporre song dalle linee vocali diverse e usarle per far emergere le notevoli doti vocali di Ronnie. Buono a tal fine il lavoro di Alessandro del Vecchio alla produzione, che crea un perfetto tappeto sonoro andando a calibrare tutte le linee strumentali affinché diano il giusto sfondo per la voce. Non sto a commentare il lavoro tecnico agli strumenti del cast stellare che accompagna il singer, naturalmente è di eccellente livello. Apprezzo il lavoro di adattamento della parte vocale, che a sua volta oltre a offrire un buon lavoro di interpretazione riesce a rimanere fedele a se stessa; in questo torniamo all’incipit, riusciamo a vedere come mediante le capacità della band e del singer sono riprese song importanti per la loro formazione, senza snaturarle ma reinterpretandole: mi pare assolutamente un ottimo lavoro. Un album molto consigliato a tutti i nostri lettori.

Nikki